Tra la coda del 1975 e il 1976 gli artisti Gerardo di Fiore, Aulo e Gerardo Pedicini, Carmine Rezzuti ed Errico Ruotolo intervenendo all’interno dell’Ospedale psichiatrico Frullone di Napoli, danno vita all’A/SOCIAL GROUP. Il collettivo, selezionato da Enrico Crispolti, approda alla Sezione di Documentazione Aperta del Padiglione Italia della Biennale di Venezia. La mostra “A/SOCIAL GROUP – Napoli/Venezia 1976 – Una Documentazione aperta” ora presenta le azioni, i materiali e gli strumenti che hanno caratterizzato l’elaborazione della loro ricerca poetica, politica e visuale. Il lungo tempo di relazione speso tra le mura dell’istituzione manicomiale, consente agli artisti l’ideale innesto con i percorsi sviluppati da Franco Basaglia. Durante l’estate del 1976, a Venezia, il collettivo trasferisce l’esperienza maturata anche in due performance urbane di grande impatto, una nel sestriere di Castello in Campo Santa Maria Formosa e l’altra, più nota, in Piazza San Marco. È da allora che i materiali visibili in mostra, non hanno, sostanzialmente, più trovato alcuna fruizione organica. La radicalità dell’esperienza vissuta tra le mura dell’istituzione totale ritornerà in varie forme anche nelle produzioni successive degli artisti coinvolti. La rassegna del Suor Orsola Benincasa di Napoli prova a compiere anche questa prima essenziale ricognizione.
Già nel 1976, Errico Ruotolo intitolando un lavoro - La Venuta astrale del volatile – cita apertamente il componimento dell’anonimo paziente – La Pennuta astrale - trascritto sulle lenzuola dell’ospedale psichiatrico e portato dall’A/SOCIAL GROUP negli spazi della Biennale. Risale, invece, con Dioniso o dell’evasione, alla metà degli anni ‘80, il primo intervento di Gerardo Di Fiore nell’invenzione di strutture simili a quelle esposte. Qui, l’artista, riportando alla mente l’idea della costrizione manicomiale, mediante la sospensione installativa delle sue gabbie, sviluppa, non senza ironia, un’efficace riflessione sulla libertà che, con l’uso di materiali effimeri, non esclude, nel fondo, un’umana riflessione sulla caducità dell’esistente.
Gli interventi di Carmine Rezzuti, invece – Conservati con cura del 1986 e la tridimensionalità del più recente trittico del 2005 - hanno la funzione di collocare lo spettatore al centro di un ideale panopticon in cui poter controllare, tra le celle del grande dipinto, l’azione di uno degli esseri più longevi che popolano il bestiario dell’artista napoletano dove, nel confronto col dis-umano, l’essere ferino rappresentato da Rezzuti, non arriva mai a raggiungere un completo disconoscimento dell’umano.
Se negli ambiti delle arti visive l’A/SOCIAL GROUP appare sintonizzato sulla domanda che durante tutto il lungo arco del ‘68 italiano spinge gli artisti all’adozione di nuovi processi socializzati di elaborazione; le opere che Aulo Pedicini consegna in mostra - Il mio specchio giallo del 1972 e Vestiti per Narciso del 1975 – servono a riflettere, quasi in premessa, sull’uso dell’oggetto come intima contestazione critica all’esistente.
La parabola dell’A/SOCIAL GROUP, attraversando una tra le soggettività meno conformi al sistema dell’arte trova, tra le mura di un ospedale psichiatrico, forza e radicalità ulteriore. Oggi, nella società del benessere “instagrammabile” dove ciascuno performa e produce se stesso, quei materiali sviluppati alla metà degli anni ‘70 si rivelano un atto di autentica sovversione.
A/SOCIAL GROUP – Napoli/Venezia 1976 – Una Documentazione aperta
Napoli
Università Suor Orsola Benincasa
Fino al 15/11