Una volta, in una qualsiasi asta di una volta, la gente si sfidava fino all’ultimo respiro. Avevi chiaro, davanti a te, chi fosse il tuo avversario o, al limite, l’offerente meno portato a cedere. Spesso, ti sistemavi sul fondo della sala per capire, per comprendere meglio gli umori di quanto si dipanava davanti a te, senza dare vantaggi ai tuoi avversari. Poi, progressivamente, si diffuse la pratica dell’offerta telefonica. Un avversario che si nascondeva dietro un filo, col sostegno di una gentile assistente, pronta a stimolarne intelligentemente le aspirazioni. Sembrava che la vera, ultima frontiera fosse, infine, la piattaforma web, il collegamento con la casa d’asta, il mix della sala pronta a muoversi tra il passato e il presente, tenendo dentro tutto, la tradizione e l’innovazione. E il martello di legno al centro di tutto, come nei secoli dei secoli.
Mancava, finora, un’ intermediazione rapida, agile. Di qua il venditore, di là l’offerente, in mezzo semplicemente il lotto, fotografato convenientemente, descritto in sintesi, senza inutili, banali chiacchiere. Con i secondi scanditi dalla tecnologia, privi di parole. E un organizzazione rapida, quasi asettica, in grado di garantire immediatamente autenticità e pagamenti. Le carte di credito faranno il resto.
Ma in questo orizzonte incontanimato, nel quale tutti sono lontani, nessuno conosce il suo avversario, tutto si gioca con la pressione di un dito, ognuno è semplicemente contraddistinto da un numero, da una paletta elettronica. Non sai nemmeno più chi devi odiare per la perdita di un lotto.
È, quindi, una battaglia psicologica ancor più ardua, perché il tuo nemico è invisibile, imperscrutabile e tu non ne conosci nemmeno i connotati. Potrebbe essere quel collezionista oscuro che hai incontrato casualmente all’ ultima personale di quell’artista. O quel gallerista infrequentabile che aveva prezzi da urlo e, da anni, trattava l’artista, certo, ma facendo credere di possedere, ogni volta, il sacro Graal. Avversari sconosciuti. Fantasmi. Incorporei, quasi alieni. Forse dotati di un solo dito prensile, come ET. Capace di muoversi a comando, al momento giusto, il tempo per cancellare la tua offerta, niente di più.
E tu, lì, a roderti nell’ombra, a cercare di comprendere, di rintracciare le impronte di quell’ostacolo alto, mentre il tuo sangue ribolle e gli umori si trasferiscono sull’ottovolante.
Ecco, il passo avanti della modernità collezionistica. Gli umori della privacy hanno finito, ormai, per allontanarti da tutto, ti hanno reso un punto lontano che ha solo un’unica, dannata funzione, quella di rilanciare finché può, finché gli resta un po' di benzina. Solo un comprimario della scena, niente di più. Niente a che vedere con gli stessi magnati del ‘900, quelli che offrivano in sala in prima persona, a fianco di donne bellissime, mentre molti sapevano dettagliatamente la straordinaria collezione che il loro demone era riuscito a costruire.
E tutti, oggi, restano nel loro isolamento informatico, in attesa della preda che passa, pronti a controllare che il computer non faccia scherzi, che il collegamento non si interrompa, nemmeno per un attimo. E poi, nickname che celano altri nomi, altre identità, per certi versi sconosciute anche a se stessi. Conosco appassionati, registrati su varie case d’asta, che dimenticano costantemente le password e, pur tenendo una rubrica aggiornata, sono spesso costretti faticosamente a recuperare i codici d’ingresso all’ultimo momento, nei minuti residui, vagando nel buio delle mail. Senza ritenerlo, magari, un allarme, un segno del destino, la necessità nascosta e imperscrutabile di star lontano da quel martello.
E poi c’è chi si barrica in casa, chi stacca i cellulari, chi prova a fare qualche ultima telefonata per capire l’interesse che circola attorno a un determinato quadro. Per non parlare degli strani rituali che accompagnano la competizione. Preghiere, amuleti, nuovi mouse agganciati in cerca della fortuna di un incanto.
E quando arriva il momento magico, ecco, spesso, il banditore azzerare le speranze di tutti, parlare di un’offerta al banco decisamente alta, sulla quale si riserva ancora di rilanciare. E tutto si appassisce, improvvisamente. Qualche computer, rabbuiato, chiude immediatamente, qualche altro si chiude in un imbarazzante silenzio, qualche altro ancora assiste muto a quello spettacolo di cupa ricchezza prodotto così, sfrontatamente, violentemente, davanti ai propri occhi.
Uno sfregio alla povertà, un urlo di superiorità che lascia tutti incerti. In sala, magari, c’è ancora un timido rilancio, per sigillare semplicemente una presenza, mentre l’ulteriore, immediata offerta dal banco fa comprendere che la partita sia chiusa, prima ancora di essere stata aperta. E mentre il banditore assegna il lotto, nessuno può indagare sulle mille rinunce dei partecipanti via web. Da una serie di appuntamenti saltati per “improrogabili impegni”, ad un complicato meccanismo di iniziative economiche per essere pronti a quell’acquisto, da una semplice serata a teatro, alla tradizionale partita di burraco. Un mondo che si è mosso, confusamente, attorno a un’idea, attorno a una suggestione, attorno a una inutile provocazione.
Senza sapere che tutto, con quell’offerta al banco, era già deciso in partenza, con la forza di numeri ancora una volta primi, destinati a un volo irraggiungibile.