Rito e mito • Ricordando Carmelo Zotti

Artista dal travagliato percorso esistenziale, assieme contemporaneo e anticontemporaneo

Carmelo Zotti (Trieste 1933 - Treviso 2007) già agli esordi della sua carriera artistica sale subito e incredibilmente alla ribalta. Poco più che ventenne, espone a due edizioni della Biennale di Venezia nel 1956 e nel 1958.

Agli inizi degli anni ’60, si sintonizza con la pop art prima, con la nuova figurazione poi. Pensiamo a opere come Composizione (1961) e Pittura (1965). Quindi, esploderà in lui un singolare e fortissimo impulso narrativo. Questo lo accompagnerà nel decennio successivo, quando il tema della coppia in crisi conquista una reiterata centralità nelle tele.

Raggiunta la piena maturità esecutiva, mette in scena un teatro dei sentimenti dove le figure umane esprimono uno stato di tensione provocato da enigmi non facili da decifrare, tantomeno da risolvere. Si tratta di immagini mitologiche – sfinge e piramide soprattutto – che paiono dividere i pensieri e i sentimenti dell’uomo e della donna. E compare una figura umanoide caratterizzata da una lunga proboscide, ad aggiungere un’ulteriore inquietudine alla primitiva inquietudine, dal momento che la terribilità di un pensiero conquista il corpo degli interpreti.

Poco più che ventenne, espone già a due Biennali di Venezia

Si veda in proposito l’angoscia che permea La passeggiata (1972) o la cupa eternità che avvolge L’attesa (1976). In tal modo, l’impulso espressionista, che in precedenza aveva ripetutamente caratterizzato il suo gesto, sembra trasformarsi ora in una nuova e più misteriosa seduzione simbolica, da collegarsi a una ricorrente atmosfera di drammatica sospensione temporale.

“Zotti si è tuffato voluttuosamente nel ‘mare misterioso’ dell’enigma dechirichiano”, scriverà non a caso Paolo Rizzi nel 1971. Negli anni ’80, ad accentuarsi sarà invece una visionarietà tradotta in paesaggi nordici e atmosfere munchiane (Marco Goldin). Lo si intuisce negli aspri contrasti narrativi che scandiscono dipinti come Nuotatore e faro (1986).

In molte opere attinge a immagini mitologiche quali la sfinge e la piramide

Del resto, il trasferimento a Venezia lo metterà a diretto contatto con i grandi del ’500 – Tintoretto e Veronese, principalmente – dai quali trarrà ulteriori ispirazioni. E proprio in seguito a queste ultime suggestioni nasceranno dipinti di modulata raffinatezza quali Nudo seduto (1984) e Tentazione (1989).

Successivamente, Zotti approderà a una leggerezza gestuale dove rito e mito, per dirla con Dorfles, si incontrano e talora si sciolgono nel paesaggio: Angelo solo (2003). Artista dal travagliato percorso esistenziale, non mancherà di indagare pittoricamente il personale mondo interiore anche attraverso le fascinazioni trasmesse dai viaggi: Messico, Olanda, Portogallo, Andalusia, Il Cairo, New York.

Nelle sue tele, figure umane enigmatiche e indecifrabili

Lui respira tutto, rimescola tutto. Intinge il pennello nella memoria dei luoghi, della storia, del mito: assieme anticontemporaneo e contemporaneo, da qui la sua grandezza.

L'Autore

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È nato a Genova e vive a Pegli con uno sguardo ai monti e uno al mare dal cui contrasto nasce l’ispirazione. Si occupa d’arte contemporanea da più di quarant’anni avendo avuto la fortuna di conoscere e di frequentare importanti artisti come Enrico Baj, Arnaldo Pomodoro e  Fernando Botero, tanto per citarne alcuni, cercando di indagare l’intima motivazione del loro gesto creativo da riversare nei testi di presentazione di mostre in spazi pubblici e privati italiani e stranieri. Dice che è stata pure una fortuna incontrare il direttore che ormai da diversi lustri accoglie e pubblica i suoi articoli.

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