Con il cuore e con l'anima - Venezia: Franco Beraldo a Palazzetto Tito

Un appuntamento in concomitanza degli ottant’anni di Franco Beraldo e di The Venice Glass Week 2024, che mette insieme la recente produzione pittorica dell’artista con la sua ricerca sul vetro, suggellando così, tra materia e luce, un indissolubile connubio che dura ormai da più di vent’anni.
Una mostra sorprendente per chi ha ancora davanti agli occhi la sua produzione passata, le sue vedute, il colorismo lirico, le campiture morbidamente modulate: ora tanto bianco e nero reclamano lo sguardo assoluto portandoci davanti a una tensione conoscitiva inedita su cui crolla il passato tra permanenza e rinnovamento.

“Questa mano non lavora con razionalità, lavora con il cuore e con l’anima”. Così, con semplicità, confida Franco Beraldo, in occasione dell’inaugurazione della rassegna, “Lo spazio infranto”, a Palazzetto Tito.
Sono segni, sfregature del pennello, ora dense ora morbide, che deflagrano, che sembrano fuoriuscire dal supporto delle tele o delle carte, “nera scrittura dell’invisibile” come scrive Ernesto L. Francalanci, che ha presentato la mostra, mettendo a nudo tutta la portata drammatica della ricerca dell’artista, ora sprofondata nelle “ultime estreme cose” ora nel “disperato tentativo di far tornare sulla terra l’armonia di un valzer perduto”.

All’ingresso, una tela di grandi dimensioni, Omaggio a Piranesi, 2024, fatta di segni spaesanti che si intersecano, come fossero orditi di una rete indefinita, introduce al nero, al colore guida – sorta di psicopompo – delle tele al piano superiore. Il tracciato scuro, irregolare, incerto nel suo percorso accidentato, pare togliere ogni respiro al bianco, per restituire una superficie opaca e sorda, premonizione di una fine, o di un ancora labile divenire.

Al primo piano, le trame grafiche, segniche dei lavori alle pareti, sembrano invece volersi impossessare anche dello spazio circostante come fossero una scrittura che sconfina dal foglio, troppo angusto per contenere il fluire di una urgenza che non deve essere perduta. Come una formula matematica indagata e con foga trascritta, il segno si fa narrazione fulminea, secondo un automatismo creativo, per cercare di non perdere quell’incipit di un sistema complesso di sconfinamenti e intrusioni fuori e dentro la tradizione artistica, finanche a toccare le esperienze più gestuali del secondo dopoguerra e gli indefiniti vuoti dell’arte giapponese.
Un’operazione estetica, quella di Franco Beraldo, coraggiosa e complessa perché l’artista ha l’audacia di “infrangere”, ma anche la saggezza di suggerire una ricomposizione, cambiando il punto di vista: dissemina tra le stanze, a dialogare con le tele, i suoi grandi Vasi realizzati con le tecniche del soffiato, del sommerso e le Piastre di lacerti policromi. Tutti raffinati vetri che inglobano quei segni e ai quali l’artista concede anche altre cromie del rosso, blu, oro. Quella scrittura segnica delle tele sembra essere così transitata magicamente anche dentro alla sostanza luminosa del vetro e là lasciata libera di navigare negli spazi acquorei trasparenti, per un tempo immisurabile.
In alcuni vetri, delle linee irregolari più o meno sottili, tono su tono, colorate o dorate, disegnano a loro volta una trama di nervature che riuniscono l’unità dell’oggetto incollando idealmente i suoi frammenti, dopo una rottura. L’artista lascia le suture ben visibili, vuole rievocare quell’atto riparatore – essenziale insegnamento dell’arte giapponese del Kintsugi – come principio generatore di ogni esperienza di trasformazione e rinnovamento. E per questa strada ci indica ancora la sua disponibilità per l’impulso vitale, per una continua e cangiante situazione immaginativa dove far germinare, nella tensione e ripetizione di segni significanti, la tensione di un attimo di vita.

 

FRANCO BERALDO
Lo spazio infranto
Venezia
Palazzetto Tito
Fino al 6/10
Mostra organizzata da Fondazione Bevilacqua La Masa con Servizio Produzioni Culturali e Rapporti con le Università

The Author

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She has always loved painting but found herself enrolled in a Scientific High School, finishing with minimal effort and grades. The artistic dilemma, however, doesn't subside. In just one year, she completes her artistic maturity, this time with maximum effort and nearly top grades. Then, she attends the Academy of Fine Arts, graduates with honors from Ca' Foscari, and publishes her thesis. She further explores artistic studies in Salzburg, combining her passion for art with a newfound love for writing. The two coexist harmoniously.

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