Nel silenzio assordante del lockdown, colleziona memorie e pensieri. Ne esce un singolare diario, ricco di nuovi spunti di riflessione
Questo periodo di forzato isolamento invita tutti a quel recupero del passato che in tempi normali viene trascurato. E ciò si può configurare come un parziale risarcimento del lockdown o addirittura come un suo prezioso dono. Afferma in proposito Alberto Biasi: “Mi piace questa solitudine inaspettata, davanti ad una grande vetrata dello studio e del mio archivio: mi piace intrattenermi con i ricordi, riflettere e raccontarne alcuni…”. Egli ha dunque approfittato dell’attuale situazione critica per scrivere un diario (Alberto Biasi - Covid-19 Lockdown dell’Arte - prefazione Guido Bartorelli – Cleup – coop. Libraria editrice università di Padova 2020 – pp.72 – euro 14). Nel volume le riflessioni sull’epidemia, che tra l’altro ha trascinato con sé persone del suo mondo ( l’11 maggio Germano Celant, il 16 maggio Nanda Vigo, il primo giugno Christo ) si legano alla memoria per condurci ai primi decenni del secondo ‘900 caratterizzati dalla conquista della personale identità artistica.
"Chi si muove davanti all'opera percepisce immagini che si restringono, dilatano, deformano, mutano dimensione oppure colore"
I suoi appunti s’avviano il 24 marzo e si concludono il 2 giugno 2020, festa della Repubblica e giorno del suo ottantatreesimo compleanno. Biasi riassume il suo percorso di ricerca in alcune righe del 28 maggio: “La mia vita d’artista dura da sessant’anni. Alcuni dicono che ne ho vissute tre di vite: la prima nel 1959-60 quando mi trastullavo con le carte forate, Le Trame; la seconda quando, con Manfredo Massironi ed Edoardo Landi, formai il Gruppo N. (…); la terza, dal 1965 in poi, quando da solista mi sono dedicato totalmente agli oggetti tridimensionali, alle Torsioni, agli Oggetti ottico-dinamici, alle Uniche tele, ai Politipi, agli Assemblaggi e infine alle Retropitture, tutte opere concepite per ‘ingannare’ il movimento…”.
Quest’ultimo appunto vuol porre in evidenza un distinguo: Biasi viene indicato come un artista ‘cinetico’ da accostare a chi usa vari meccanismi per creare o per alimentare un effetto motorio. Invece il nostro autore tiene a sottolineare come intenda stimolare esclusivamente la percezione di chi si accosta all’evento: “Chi si muove davanti all’opera, guardandola con attenzione, dà origine a un dinamismo e percepisce immagini che si formano, si restringono, si dilatano, si deformano, mutano di forma e dimensione oppure di colore”. Pertanto si può comprendere come tali risultati siano il frutto di una lunga maturazione che parte dall’osservazione della natura, dallo stupore innescato fin da bambino che gli permetteva di “vedere l’ottico-dinamismo del mondo”. E che da adulto gli ha concesso talora l’emozione di contemplare e di assorbire i modulati umori di una isolata nuvola in cielo.
"Mi piace questa solitudine inaspettata davanti ad una grande vetrata dello studio e del mio archivio"
Quella di Biasi è dunque una poesia che si dipana e si alimenta di continuo come una sorpresa capace di cogliere lo stesso autore ancora oggi allorché le profondità prospettiche e le trame suggeriscono fughe e modulazioni tridimensionali in perenne dialogo con chi entra in empatico colloquio con l’opera: “Questa è la mia arte, un’arte visiva che trasmette conoscenza e sapere attraverso gli occhi”.