I disegni raccolti nel volume Skira sono una sorta di diario personale dei suoi ultimi 50 anni
È appena stato pubblicato da Skira “Marcello Pietrantoni. Corpo e Mondo” (testi di Franco Torriani e Rosa Fasan – euro 75). Un volume tanto poderoso quanto coraggioso dal momento che si tratta esclusivamente di disegni. Oltre 250 pagine per un formato colossale: 40 x 30 cm.
Perché si è dedicato a un’impresa così ambiziosa in un periodo tanto incerto?
Alla mia età si potrebbe pensare che io voglia esorcizzare la morte. In realtà c’è anche la noia.
"Disegnare è come parlare con me stesso"
Sicuramente non ci si può annoiare sfogliando gli oltre 200 esemplari pubblicati.
Pensa che li ho scelti tra oltre 700.
E dove li teneva?
Li tenevo in cassetti dove però non guardavo mai. Disegno molto: è come parlare con me stesso, pressappoco come i musicisti che appena possono prendono in mano lo strumento.
E quali conclusioni ha tratto?
Le conclusioni non ci sono mai: Panta Rei.
E cosa rappresentano per lei?
La coscienza può essere il teatro della mente; nel mio caso forse è vero perché io mi sento lontano dalla contemplazione.
Alcuni potrebbero obiettare affermando che queste figure non siano belle, nitide e serene, ma piuttosto contorte, sofferenti e raccapriccianti.
Il bello è bello, l’arte è inquietante.
"Il bello è bello, l'arte è inquietante"
Di solito si capisce molto dagli artisti preferiti di un altro artista. Quali sono i suoi?
Piero della Francesca e Alberto Burri. Il primo con la solidità e la severità della linea è come se avesse scolpito la pittura. Il secondo ha scolpito la materia trasformandola in pittura. Quindi, sotto questo punto di vista, sono entrambi scultori.
E tra quelli contemporanei?
Non sono un contemporaneo, sono un classico.
Una ultima domanda: come vorrebbe che venissero interpretate le sue opere?
Detesto la superbia ma il giudizio sul mio lavoro lo ascolto solo dalle persone che stimo.