Un’edizione che riflette una società sempre più straniera e queer
La LX Biennale di Venezia si annuncia straniera e queer. Già nel titolo, “Stranieri ovunque”, riflette le crisi del nostro mondo, con esodi di genti che si spostano fisicamente tra nazioni e confini, e psichicamente tra concetti di identità, razza, genere, sessualità, affrontando tutte le insidie connesse a questi concetti.
“Straniero è ‘strano’, estraneo, perturbante”, afferma Adriano Pedrosa, brasiliano, primo curatore della Biennale sudamericano. “A livello personale mi sento molto coinvolto dai temi e dai motivi della mostra; viaggiando, ho sperimentato spesso il trattamento riservato a uno straniero del Terzo Mondo. Mi identifico anche come queer, il primo curatore dichiaratamente queer nella storia della Biennale, e provengo da un contesto latino-americano in cui artisti indigeni svolgono ruoli importanti sebbene siano stati emarginati”.
A Venezia “gli stranieri sono ovunque”, il concetto di straniero è di casa, sin dalla sua fondazione a opera di profughi giunti dalla terraferma. Oggi la città ha poco più di 40.000 residenti, ma ogni giorno un immenso numero di visitatori vi si riversa.
ADRIANO PEDROSA È IL PRIMO CURATORE SUDAMERICANO DELL'IMPORTANTE MANIFESTAZIONE LAGUNARE
Il titolo di questa edizione viene da un’espressione di un omonimo collettivo torinese che all’inizio del duemila combatteva razzismo e xenofobia, adottata poi dal collettivo Claire Fontaine, nato a Parigi e con sede a Palermo, che ha dato vita a una serie di sculture al neon di diversi colori con la scritta Stranieri ovunque in 53 lingue, compresi idiomi indigeni estinti, installazione presente in mostra.
Tematica chiave è la migrazione: 332 artisti, 90 paesi, 30 eventi collaterali. La Biennale si farà osservatorio su artisti immigrati, espatriati, diasporici, emigrati e rifugiati.
I due Leoni d’oro alla carriera sono stati assegnati ad artiste migranti, Anna Maria Maiolino (1942), calabrese che vive a San Paolo in Brasile, e Nil Yalter (1938), nata al Cairo, vissuta in Turchia e stabilitasi a Parigi, che presenta la sua opera Exile is a hard job al Padiglione centrale. Fulcro dell’Esposizione Internazionale saranno quattro tipi di artisti: “il queer, che si muove all’interno di diverse sessualità e generi, spesso perseguitato e messo al bando, l’outsider, che si trova ai margini del mondo dell’arte, l’autodidatta, l’artista folk, e l’artista indigeno, straniero anche nella sua terra”.
IL TITOLO DELL'EVENTO "STRANIERI OVUNQUE" È MUTUATO DALL"OMONIMO COLLETTIVO
TORINESE CHE AGLI INIZI DEL 2000 COMBATTEVA RAZZISMO E XENOFOBIA
La rassegna si snoda attraverso un nucleo contemporaneo con video e filmati collegati ai temi “disobbedienza di genere” e “diaspora”, e un nucleo storico del ‘900: “I modernismi del sud del mondo sono sconosciuti, assumono forme nuove. L’astrazione si distacca dalla tradizione geometrica astratta costruttivista europea con la sua rigida ortogonale di verticali e orizzontali e la tavolozza di colori primari, per privilegiare forme più organiche e curvilinee”.
Una curiosità: nella sezione “Ritratti”, opere di 112 artisti, la maggior parte dei lavori ritrae personaggi non bianchi. Visibilità agli ignorati, quest’anno, a Venezia: “Con l’inclusione di questi artisti nel nucleo storico della Biennale spero che verrà ripagato un debito storico che abbiamo nei loro confronti”.
Un orizzonte allargato per il pubblico e la promessa del curatore di portare molta bellezza. “Ovunque si vada, ovunque ci si trovi, si incontreranno sempre degli stranieri. Sono, siamo dappertutto”.