Jean a sei braccia - Venezia: L’omaggio della Peggy Guggenheim a Cocteau

3 Settembre 2024

In esposizione, oltre 150 opere che hanno come comune denominatore la versatilità dell’artista

Con “Jean Cocteau – La rivincita del giocoliere”, la Collezione Peggy Guggenheim propone oltre 150 opere che hanno come minimo comune denominatore l’incredibile versatilità dell’artista. Precoce scrittore (pubblica a soli vent’anni la prima raccolta di poesie) e abile caricaturista, è capace di catturare sul foglio, con pochi agili tratti di matita, un carattere, una situazione, una personalità. Abilità che non lo abbandonerà mai e che si può apprezzare anche nelle opere realizzate nella seconda parte della carriera, come in quel *Senza titolo* del 1956 in rassegna.

Nel foglio a destra campeggia in primo piano un profilo stilizzato dai tratti classici: la testa di un dio greco, di un glorioso condottiero o, forse, di un poeta, che pare cinta da una corona di alloro, mentre sullo sfondo, appena abbozzato, appare il profilo di un tempio antico, sovrastato da una cupoletta rotonda. Ma si potrebbe pure vedere nella cupola un vago rimando a più di qualche chiesa veneziana e nel volto l’effige di un antico guerriero vincitore. Del resto, Venezia è città molto amata da Cocteau, dove frequenta anche Peggy Guggenheim, presentatagli da Marcel Duchamp.

IN MOSTRA, ANCHE MASQUE POUR LA PIÈCE ANTIGONE E LO SPECCHIO DI ORFEO A TESTIMONIANZA DELLA SUA ATTRAZIONE PER LA MITOLOGIA

Fin da bambino, lo appassiona pure il teatro, per il quale scrive opere originali e adattamenti; regista, lascia la sua impronta direttamente sul palcoscenico: attratto dal fascino dei costumi (soprattutto, maschere) realizza nel 1923 *Masque pour la pièce Antigone*, assemblata con materiali poveri: una rete metallica, uno scovolino per pipa e perline.

Sensibilità poliedrica, fortemente intrisa di un gusto classico, Cocteau è, inoltre, irresistibilmente attratto dalla mitologia. Un esempio: *Lo specchio di Orfeo* (1960-‘89). Vediamo i volti di profilo, uno di fronte all’altro, protesi nella tensione di un bacio imminente, trionfo dell’amore sulla morte. Bacio, tuttavia, destinato a non compiersi: le labbra rimangono sospese nel vuoto, vicine ma distaccate per sempre e le teste iscritte nell’enigmatica cornice rotonda di uno specchio, si rivelano coperte da maschere.

Lo specchio inteso quale porta verso l’aldilà è tema ricorrente nell’opera di Cocteau, come nell’adattamento cinematografico del 1950, ambientato nella Parigi del primo dopoguerra, del mito di Orfeo.

LO SPECCHIO INTESO COME PORTA VERSO L'ALDILÀ È UN TEMA RICORRENTE NELLA SUA OPERA

Cocteau reinventa quindi il mito classico e nello stesso tempo dà scandalo. Pensiamo a *La paura dona le ali al coraggio*, esposto per la prima volta nel 1938 nella galleria Guggenheim Jeune di Londra. Il disegno verrà addirittura sequestrato dalla dogana britannica, perché ritenuto immorale (sono visibili i peli pubici di tre figure). Per questa ragione, recuperata l’opera, Peggy Guggenheim deciderà di non esporla più in pubblico.

L’eclettismo di Cocteau – giocoliere delle arti (“armi caricate di futuro”, parafrasando una celebre citazione a lui attribuita) è infine riassunto dalla foto di Philippe Halsman del 1949, che costituisce, in un certo senso, il filo conduttore dell’intera esposizione. Il soggetto - Cocteau stesso - come in uno scatto futurista che blocca l’azione nello spazio visivo, scomponendone i singoli fotogrammi, è colto in un movimento frenetico e sembra agitare vorticosamente le braccia intente a realizzare azioni diverse: scrivere, reggere un libro, portare alla bocca una sigaretta, dipingere. Uno scherzo gioioso del “giocoliere artista” e, tuttavia, estremamente rigoroso: probabilmente è questo il senso della rivincita su chi, a lui contemporaneo, può aver dubitato della capacità di affermarsi in campi artistici differenti. Nei panni di una figura mitologica a sei braccia, sembra dire di essere riuscito a realizzare quanto a un comune mortale è impossibile.

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