In esposizione, 60 opere del ciclo della Via Crucis provenienti dal museo de Antioquia di Medellín
Gli artisti hanno legato sovente la loro fama a un'etichetta che caratterizza il gesto, ma non sempre è in grado di evidenziarne le qualità con la dovuta compiutezza. Il caso di Fernando Botero è emblematico. Botero è universalmente conosciuto come l'artista delle “grandi forme” e di una piacevolezza contemplativa capace di condurre in un mondo edenico.
Ma questo non è tutto e non è stato sempre così. Ha raccontato spesso, attraverso le opere, i drammi della sua terra e del mondo che ben conosciamo. Pertanto non deve sorprendere il ciclo della “Via Crucis” che viene esposto al Museo della Permanente di Milano fino al 4 febbraio. Si tratta di ventisette oli e di trentatre disegni preparatori realizzati a più riprese tra il 2010 e il 2011 e da lui donati al Museo de Antioquia di Medellin, sua città natale, che li ha prestati per l'attuale rassegna, la prima dopo la sua scomparsa avvenuta lo scorso 15 settembre.
L'argomento della crocifissione, da lui trattato sporadicamente in precedenza, si collega in qualche misura al ciclo delle torture nel carcere di Abu Ghraib di appena cinque anni prima. Spinto dalla curiosità per l'insolito argomento, mi ero recato da lui a Montecarlo nella primavera del 2011 e avevo potuto vedere personalmente alcuni di questi lavori. A sorprendermi, un Cristo che trasferiva la sua sofferenza nel nostro tempo. Mi spiegò: “Ho voluto rappresentare soprattutto un uomo oltraggiato e torturato, non una divinità offesa. E l'ho immerso in un oggi che, purtroppo, ci appartiene. D'altronde anche i grandi autori del passato lo hanno inserito preferibilmente nella loro contemporaneità”.
Infatti il passato e il presente si rincorrono di continuo nelle tele e nelle carte con velate citazioni di quei maestri rinascimentali da lui studiati in gioventù. Ma il presente emerge in tutta la sua durezza in Gesù e la folla ovvero nell'ira della gente che accompagna il condannato e lo travolge, nelle percosse del militare che sigilla La via dolorosa o nel particolare del chiodo che fa schizzare il sangue ne Le unghie. Il culmine della tragicità viene toccato da Crocifissione a Manhattan per l'evidente contrasto compositivo: i grattacieli in lontananza e un verdeggiante parco in basso, che accoglie i passanti nella loro impassibile quotidianità, fanno da sfondo a un pallido Cristo in croce. Siamo di fronte al trionfo dell'indifferenza sul dramma e sul dolore che purtroppo incontriamo ogni giorno. In tal modo la pittura di Botero raggiunge un'efficacia sconosciuta a tanti artisti che hanno affrontato lo stesso argomento: la sua favola si spoglia infatti dell'allegoria per consegnarci un dramma tangibile, una crocifissione che coinvolge in varia misura gran parte dell'umanità.