Bonito Oliva al Castello di Rivoli
L’ideatore della transavanguardia dona i suoi archivi all’istituzione e ne esce una grande mostra
A.B.O. Theatron ambigua formula apotropaica? No, acronimo per Achille Bonito Oliva, che di presentazioni non ha bisogno; virgolettiamo quindi sue parole che, come un termometro, ne rilevano la temperatura: “Critico agrario. Parte-nopeo e parte-salernitano”. Ironico e anticonformista, strenuo oppositore della figura del critico come mediatore tra creatore, opera e fruitore, ne ha sempre sostenuto il ruolo interattivo di fautore d’arte, accanto a quello dell’artista.
Dimostra questo paradigma come teorico della transavanguardia, movimento, da lui creato, che ha reso De Maria, Paladino, Clemente, Cucchi e Chia stelle nel mondo dell’arte. Provocatore, per dimostrare l’assunto che il critico deve affrontare l’opera d’arte senza paludamenti ideologici e per polemizzare contro l’ipocrisia e l’effimero dell’era post moderna, non esita a mettersi a nudo, nel senso più letterale ed eclatante del termine, sulla rivista Frigidaire, non una, ma tre volte: nel 1981, nel 1989 e, per ribadire il concetto, l’8 marzo 2011 – a 71 anni, dopo aver ricevuto le insegne di Cavaliere di Gran Croce per meriti artistici –, con la copertina titolata “Nudo d’opposizione”.
Per A.B.O. l'arte contemporanea, superate le categorie di bello e di brutto, chiama alla riflessione anche chi pensare non vuole
Poeta, esordisce nel 1967 con Made in mater tra i protagonisti del movimento letterario di neoavanguardia Gruppo 63. Storico dell’arte, riflette sulla crisi della modernità e legge l’arte dei nostri tempi alla luce del meticciato culturale. Autore di saggi dai titoli già di per sé allettanti – Il territorio magico (1971), L’ideologia del traditore (1976), Autocritico/automobile (2002), Lezione di boxe. Dieci round sull’arte contemporanea (2004) –, cura la sua prima mostra a Montepulciano, Amore mio (1970), e da allora è presente nel campo internazionale delle esposizioni. Con l’intento di avvicinare più gente possibile al linguaggio dell’arte contemporanea, recluta artisti che, insieme agli architetti, danno vita nelle stazioni della metropolitana di Napoli a quello che chiama un “Museo obbligatorio”, volto a favorire familiarità della popolazione con l’arte contemporanea in spazi che, comunque, deve attraversare. Inattesa, “l’arte buca la disattenzione collettiva”.
Ha sempre rifiutato il ruolo del critico come mediatore per prendersi quello di fautore d'arte accanto all'artista
Ad ABO, che ha donato il proprio archivio al Centro Ricerca del Castello di Rivoli, dal 24 giugno all’8 gennaio 2022 il museo torinese rende omaggio con la mostra “A.B.O. THEATRON. L’Arte o la vita”. Offerto al pubblico, il ricco materiale si fa spettacolo, rendendo omaggio al demiurgo che sa che l’arte contemporanea, oltrepassando le categorie di bello e brutto, chiama alla riflessione anche chi pensare non vuole. E la bellezza? C’è, ed è “un anelito, un sospetto”. È “sorpresa, stupore, meraviglia”.