Personale di Armando Marrocco alla galleria Luce
In rassegna una ventina di opere dagli anni ’60 a oggi
Di Silvano Costanzo. La foto è del grande Ugo Mulas ed è stata scattata in occasione della Biennale del 1972. Ritrae cinque giovanotti su un vecchio barcone di legno ormeggiato in un canale veneziano. Il giovanotto in primo piano è Mario Merz. Poi ci sono sono Pietro Gallina, Luca Maria Patella e Henry Martin. L’ultimo giovanotto è Armando Marrocco. Se ne sta seduto a guardare chissà dove. Sembra distratto. È a piedi scalzi, ha una gran massa di capelli e un barbone nero. Esattamente cinquant’anni dopo, quel giovanotto allora scalzo è di nuovo a Venezia. Continua ad avere la barba e i capelli lunghi ma, adesso, il loro colore è bianco, quasi candido.
IL PERCORSO ESPOSITIVO SPAZIA DAI MONOCROMI
DEGLI INTRECCI ALLA LUCE DEI MEDITERRANEI ALLE MAGIE SCIAMANICHE DELLE DIMORE
Che fine abbia fatto il vecchio barcone ormeggiato in un canale, non lo sa nessuno. Ragionevolmente, non se n’è mai andato da Venezia.
La barca di Armando Marrocco, invece, ha continuato a viaggiare ininterrottamente per mezzo secolo. Ha solcato tutti i mari conosciuti e sconosciuti dell’arte contemporanea seguendo, sempre, rotte sue proprie. Rotte intriganti. Rotte originali. Adesso, nella galleria veneziana di Michela Luce, Armando Marrocco ha deciso di portare alcune delle gemme più preziose trovate (scoperte, inventate, intuite) nei porti artistici in cui è sbarcato durante il suo lungo viaggio. Un viaggio che continua ancora oggi, dopo la forzata e per lui dolorosissima clausura imposta dalla pandemia. La mostra è composta da una ventina di opere che afferiscono – dagli anni ‘60 ad oggi – a tre periodi particolarmente significativi della sua rigogliosa creatività: Intrecci, Mediterranei e Dimore. Si tratta di opere apparentemente diverse tra di loro, per concezione e struttura, per tecnica e materiali, ma che sono unite dagli stessi fili che avvolgono la sua intera produzione artistica: l’afflato poetico e la ricerca della bellezza unita al rigore. Il titolo della rassegna è “Mnestica. Continuità nel tempo”. Sarà visibile fino al 27 giugno.
HA SOLCATO TUTTI I MARI DELL'ARTE CONTEMPORANEA
SEGUENDO SEMPRE ROTTE PROPRIE, INTRIGANTI, ORIGINALI
La curatela puntuale e autorevole – alla quale ha partecipato Michela Luce – è di Toti Carpentieri, storico amico fraterno di Armando Marrocco.
Il loro sodalizio ha pochi eguali nel mondo dell’arte. Affonda le sue radici nella comune origine salentina e si è forgiato in quel crogiuolo cosmopolita di creatività e sperimentazione che fu la Milano degli anni ‘60, la Milano (tra gli altri) di Lucio Fontana, di Pierre Restany, di Guido Le Noci. Armando Marrocco e Toti Carpentieri sono un esempio raro di come un artista e un critico possano consapevolmente contribuire, in modo significativo e continuo, alla reciproca crescita.
IL SODALIZIO CON IL CURATORE, TOTI CARPENTIERI, SI È FORGIATO
NEL CROGIUOLO COSMOPOLITA DI CREATIVITÀ NELLA MILANO DEGLI ANNI '60
Le opere ora in mostra a Venezia – dai monocromi degli Intrecci, alla luce e al calore dei Mediterranei, alle magie sciamaniche delle Dimore – sono, anche, il frutto del quel loro antico incontro e delle esperienze che, nel corso degli anni e dei decenni, Marrocco e Carpentieri hanno voluto continuare a condividere. Sono, cioè, il frutto della scintilla di quel comune sentire artistico che si è accesa tanti e tanti anni fa. E che, per fortuna, non si è mai spenta.
Armando Marrocco
Mnestica. Continuità nel tempo
Venezia
Galleria Luce
A cura di
Toti Carpentieri
Michela Luce
Fino al 27/06