In un periodo complesso come l’attuale, a partire dalle difficoltà affrontate dal mondo della cultura, nasce in Versilia AW ArtMag, una nuova rivista d’arte: ce ne parla la fondatrice, Lorella Pagnucco Salvemini
Adolescente, a chi chiedeva a Lorella Pagnucco Salvemini che cosa avrebbe desiderato fare da grande, rispondeva spavalda: scrivere e viaggiare. Così, per raggiungere lo scopo, si diploma in lingue prima e si laurea in lettere poi. La passione letteraria sfocia nella pubblicazione di due romanzi con Marsilio (Gli occhi sul Samovar e Notte in fa minore). Oltre a numerose presentazioni in catalogo per artisti contemporanei, pubblica i saggi Il linguaggio del corpo (Musumeci) e Benetton-Toscani. Storia di un’avventura edito in italia da Bolis e all’estero da Scriptum-Cartigo, De La Martinière e Knoesebeck.
L’incontro con l’arte contemporanea coincide con quello con Giancarlo Calcagni. Un colpo di fulmine. Dopo tre mesi, già vivono assieme e fondano il periodico ARTEiN, con presentazione del primo numero alla Peggy Guggenheim Collection di Venezia, relatori e già firme della testata: Pierre Restany, Enrico Crispolti, Luciano Caramel (a cui presto si aggiungono altri collaboratori prestigiosi come Barbara Rose). Ha lavorato per 32 anni ad ARTEiN ricoprendo vari incarichi, da redattore fino ad assumerne la direzione e ad acquisirne la proprietà dopo la morte di Giancarlo Calcagni, nel 2007. Ora si cimenta in una nuova avventura editoriale, fondando e dirigendo AW ArtMag. Ne parliamo con Lorella Pagnucco Salvemini in questa intervista a tutto tondo.
Come mai hai deciso di partire con questo nuovo progetto in edicola?
«Sui motivi, senz’altro gravi, che mi hanno spinta a rassegnare le dimissioni da ARTEiN a pochi mesi dalla cessione del marchio, preferisco tacere – per una questione di stile personale, per evitare sterili polemiche, soprattutto perché sento il dovere per me e i miei collaboratori di guardare al futuro. Del resto, non tutto il male vien per nuocere. Da tempo, avvertivo l’esigenza di un rinnovamento e si è presentata l’opportunità».
Qual è il concept della tua nuova testata?
«AW ArtMag è un bimestrale che si occupa di arte moderna e contemporanea. Si propone come magazine alternativo a quelli esistenti. Punta tutto sulla qualità: dei contenuti, della scrittura, della grafica. Rispecchia la mia vocazione all’internazionalità, a partire dagli argomenti, dalla traduzione in lingua inglese, dalla diffusione anche nelle edicole delle principali capitali europee e statunitensi».
A quale tipologia di lettore ti rivolgi?
«AW ArtMag è una rivista rivolta a tutti, ma non per tutti. È al contempo libera, elitaria e intransigente. Mi piacerebbe che stimolasse l’orgoglio di esserci negli artisti e nei galleristi, di scriverci nei giornalisti, di acquistarla nei lettori».
Come sarà articolata l’edizione cartacea?
«La sigla AW del logo è spiegata nel sottotitolo: Art Who What Where When Why (chi, cosa, dove, quando, perché). Ci rifacciamo alle 5W del giornalismo inglese nell’intento di portare il giornalismo nella critica d’arte. A ogni W corrispondono all’interno altrettante rubriche con lo stesso nome, per orientare i lettori verso una rapida ricerca delle informazioni e degli approfondimenti».
La nuova testata sarà una piattaforma multicanale?
«L’edizione cartacea è accompagnata e sostenuta dal nuovo sito AWartmag.com. Oggi, un’attività editoriale priva di un’adeguata presenza sul web e sui social si condanna all’invisibilità. Inoltre, questo tipo di comunicazione digitale, necessariamente più immediata, permette di raggiungere un pubblico più ampio e, spesso, di instaurare un dialogo diretto con il lettore che, vedendosi considerato, reagisce positivamente».
A seguito dell’accelerazione impressa dal Covid, quale futuro vedi per il giornalismo culturale, in particolare per quello dedicato alle arti visive?
«Posso limitarmi a riferire quanto registrato con AW ArtMag uscita in pieno lockdown. Abbiamo riscontrato, rispetto alle previsioni, un sensibile aumento delle vendite in edicola, delle sottoscrizioni degli abbonamenti, del traffico sul sito. Risultati inattesi che si spiegano, probabilmente, con il tempo “vuoto” conseguente all’isolamento forzato. Ora, sta a noi non tradire le aspettative, offrendo un prodotto editoriale sempre più interessante».
Come giudichi gli interventi disposti dal Governo a sostegno dell’editoria d’arte?
«L’equivalente della paghetta settimanale data ai figli per cinema e pizza».
Tre consigli che daresti al Ministro dei Beni Culturali a sostegno del nostro settore?
«Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Di consigli, appelli, proteste il Ministro dei beni culturali ne ha ricevuti fin troppi. E che cosa fa? Predispone l’apertura dei musei nei giorni feriali, ossia quando nessuno ci può andare. Sembra una barzelletta. Speriamo che il suo successore abbia più sensibilità e lungimiranza. Basterebbero».
Quali sono a tuo avviso i più grandi pregi e i peggiori difetti del giornalismo d’arte e dell’editoria di settore italiani?
«Vedo sostanzialmente due difetti fra loro opposti, ed egualmente irritanti. Esistono pubblicazioni che eccedono nell’intellettualismo più scostante, con testi francamente illeggibili di critici che meno si fanno capire e più sono contenti. Gaetano Salvemini, nel cui pensiero sono stata allevata per ragioni di parentela, definitiva l’intellettuale una persona istruita in maniera notevolmente superiore alla propria intelligenza. Fossi nei panni di costoro, mi farei delle domande. Dall’altro lato, ci imbattiamo in riviste dal taglio nazional-popolare, più simili al rotocalco, con testi che non vanno oltre la cronaca e spesso sono il risultato di copia incolla leggermente quanto maldestramente modificati. I pregi? Da editore, li riconosco nella straordinaria abilità della loro forza vendita per la raccolta pubblicitaria».
Quale ritieni sia lo stato di salute della critica d’arte nostrana?
«I grandi critici, un po’ a causa del Covid, un po’ per ragioni anagrafiche, stanno scomparendo. Da quelli della generazione successiva, in generale, mi aspetterei più approfondimenti e meno slogan. Qualche geniaccio certo esiste, ma una rondine non fa primavera».
Uno slogan per sintetizzare le caratteristiche distintive della tua nuova testata?
«Non sono preparata. Mi sa che mi converrebbe chiedere la consulenza di qualcuno di quei critici di cui sopra…».
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