L'artista della luce
A 88 anni, il Maestro rivive una stagione di grande vitalità e di entusiasmo creativo
Incontriamo Riccardo Guarneri nel suo bell’atelier fiorentino. Ci viene incontro con la sua figura slanciata, i modi distinti, sorridente come sempre. Si muove con agilità fra tele e ricordi, lo sguardo attento alle emozioni che suscitano le sue opere nell’osservatore. A quasi 88 anni ci trascina con la sua vitalità e il suo entusiasmo.
Dunque, Maestro, lei prima si dedicava alla musica.
A vent’anni suonavo in una orchestra di musica leggera e durante una tournée in Finlandia, a Helsinki, iniziai casualmente a dedicarmi alla pittura. La cosa mi interessò molto e così, ritornato a Firenze, approfondii questa ricerca. La pittura mi permetteva un maggiore interesse creativo rispetto alla musica, che finii per abbandonare. Il mio esordio avvenne a L’Aia, in Olanda, in una galleria tenuta da amici pittori emergenti dell’avanguardia.
Qual è l’origine della sua tavolozza cromatica?
I miei colori freddi hanno una duplice origine: da una parte nascono dall’esigenza di dare alla pittura una maggiore luminosità, cosa che il colore caldo non può poiché, attraverso una ridondanza cromatica, spegne la lucentezza. In secondo luogo, questi colori derivano probabilmente dai viaggi fatti in Germania, Olanda, Finlandia, Norvegia dove è presente questa particolare luce fredda che mi è rimasta inevitabilmente dentro.
Cosa esprime il segno nelle sue opere?
Il segno mi affascina perché l’ho sempre considerato come disegno a tutti gli effetti. La mia pittura ha questo approccio al segno, che per me ha un carattere espressivo (sia esso nervoso, lirico, musicale, ecc.), anche quando la presenza è marginale o quando, ripetuto, crea una texture da superficie grafica.
"Iniziai a dedicarmi alla pittura casualmente durante una tournée in Finlandia"
La sua pittura precisa non sembra appartenere a questa società caotica
Negli anni ‘60 ero anch’io interessato ai movimenti sociali, politici e pseudorivoluzionari dell’epoca. Nonostante ciò, non ho mai mischiato l’ideologia con l’arte, come facevano i neorealisti, identificando la pittura con la contestazione giovanile. L’arte stava quindi da una parte con i suoi problemi grandissimi e coi problemi che avevo io verso la pittura, come la realizzazione di me stesso. Dovevo esprimere quello che sentivo dentro e che avrei voluto comunicare agli altri.
Delicatezza della luce, carezza del gesto sembrano le sue cifre distintive.
Per questo, sono considerato un romantico, un lirico, a differenza degli altri aniconici. Mi sono disamorato dei colori forti e pregnanti: mi interessa di più una luce riflessa su un muro o su una automobile.