Incontro con Riccardo Guarneri
La lievità delle sue immagini regala momenti di incommensurabile dolcezza interpretativa
"Il mio intento è suggerire emozioni di delicata armonia"
Il percorso pittorico di Riccardo Guarneri, rivolto a una palpabile lievità dell’immagine, è un dono da condividere per la sua immediatezza colloquiale: conquista l’anima ancor prima dello sguardo e si impadronisce dell’immaginario inducendolo a modellare un personale paesaggio. Il suo è un seme che regala frutti di incommensurabile dolcezza interpretativa. Per tale motivo abbiamo chiesto all’artista lumi su tale processo creativo. Il mio intento è quello di suggerire emozioni di delicata armonia che possano conquistare l’osservatore. Pertanto non mi avvalgo di un segno deciso, di memoria espressionista, ma mi affido piuttosto al fascino della percezione.
C’è qualche artista del passato o del presente che ha favorito tale ricerca? A me viene in mente Turner.
Turner ha influenzato l’impressionismo e anche un certo ‘900. E senz’altro porto dentro di me, magari in misura inconscia, certe sue “illuminazioni” pittoriche. Nel mio caso, ha piuttosto inciso un periodo della gioventù dedicato alla musica abbandonata poi di fatto a favore della pittura, ma che mi è rimasta nell’anima come un alimento che ancora oggi mi accompagna e mi nutre. I miei quadri sono sollecitati anche da quella lontana esperienza. Addirittura certi titoli manifestano un evidente riferimento alla musica.
Come nascono le sue opere? Come supera l’iniziale problema con la tela immacolata o con la pagina bianca?
Per me la scelta di fare una data cosa è già un punto interiormente positivo. A volte basta un pretesto, un impulso per promuovere il primo gesto, per dare vita a una trasparenza.
In quale maniera o per quale motivo è avvenuto il passaggio alle trasparenze?
A volte è sufficiente un errore per decidere il proprio futuro. Negli anni ‘60 la mia pittura si confrontava con quella promossa dalle texture di Piero Dorazio e dalla grafia di Gastone Novelli e di Cy Twombly: osservando un mio quadro esposto a Palazzo Pretorio insieme a opere realizzate da alcuni aderenti al Gruppo Uno di Roma e a Tempo Tre, ho convenuto che dovevo cercare qualcosa di diverso. Da lì, da quella occasione, è iniziato il nuovo percorso.
Come si evolve ora questa sua ricerca?
Da qualche tempo, sto elaborando lavori che chiamano in causa i miei “quadrati” un po’ sbilenchi. Cerco di alimentare una via di fuga: il quadrangolo manifesta un inizio ma non una fine dal momento che la sua immagine sfuma nel nulla, si allontana dallo sguardo. Si origina pertanto uno spazio più ampio che si rispecchia in una poetica più misteriosa, evanescente.
"Nei miei quadrati un po' sbilenchi l'immagine, sfumando nel nulla, si fa più misteriosa ed evanescente"
In tal caso lei offre maggiori possibilità interpretative all’osservatore.
È proprio quello il mio desiderio, il mio intendimento.
Ha qualche importante esposizione in programma?
Si è finalmente concretizzato un evento che mi procura molta soddisfazione. Nel 2017, in occasione della mia partecipazione alla Biennale di Venezia, erano state avviate trattative col Centre Pompidou per l’acquisizione di alcune mie opere. Purtroppo, la pandemia ha impedito che la cosa si concretizzasse in tempi brevi. Ora, finalmente, due mie tele storiche degli anni ‘70 e due dipinti recenti sono entrati a far parte della collezione di quel prestigioso museo d’arte contemporanea. Allontanarsi al centro del 2019 è uno dei titoli approdati al Pompidou: si tratta di quattro quadrati che svaniscono nel punto focale d’incontro e ci rimandano a quella sua intenzione di fornire all’osservatore un ulteriore motivo di sogno, di dolce smarrimento. Ed è importante che proprio il Pompidou apprezzi ed accolga il nuovo impulso dell’inesauribile, poetica creatività di Riccardo Guarneri.