A un certo punto della sua vita, l’architetto Marcello Pietrantoni (che, peraltro, non aveva mai abbandonato le arti visive) ha idealmente associato lo studio strutturale di un edificio a una scultura capace di trasferire il senso del mito e del rito ai nostri giorni. È andato a recuperare le più lontane radici della nostra essenza culturale per trapiantarle in una critica allegoria che ci riguarda da vicino. Ma quale rapporto può esistere, per esempio, tra la progettazione di una banca e una figura che sembra generata dalla notte dei tempi per immergersi nel nostro accelerato divenire? Lo si coglie, innanzitutto, in una sequenza di disegni caratterizzati da un approccio informale, ripetuto sulla carta, per elaborare un progetto ancora celato nel pensiero che approderà, infine, a una parvenza d’immagine, ovvero a una rivelazione.
NEL SUO LAVORO, ENTITÀ MISTERIOSE PROVENIENTI DALL'ABISSO DELL'ANIMA E DA MONDI ARCAICI
Le sue sculture contrastano l’instabilità e la velocità di trasformazione che caratterizza la nostra epoca, la quale sembra ignorare, o dimenticare, il significato di quella memoria tramandata dai cromosomi di ciascuno. E Giustiziere, un bronzo del ‘72, ne è, intanto, una singolare prova attraverso la brutalità di un personaggio plastico di matrice preclassica che si fa gesto, senza offrire un volto di riconoscimento.
STRANE APPARIZIONI DI CREATURE MITICHE DI CUI NON SAPPIAMO NULLA, MA CHE A UNO SGUARDO PURO SAPRANNO RIVELARE TUTTO
Un impatto anche visivamente traumatico che si rinnova nel Primo auriga dell’89, nell’impassibilità di quel viso enigmatico pronto a proiettare il corpo al di là di ogni suddivisione temporale: ci cattura nel suo transito e ci trascina nel mistero. Una simile ricerca si rinnova con Raffaella del ‘94, nell’allungata e mutilata esibizione di un corpo precipitato a noi da un mondo ancestrale, pronto a specchiarsi nei dubbi che da sempre appartengono all’uomo, come dono o come condanna, e che questi, ora come allora, non è in grado di decifrare né di risolvere. Con tali impenetrabili entità, Pietrantoni non offre soluzioni salvifiche, ma interroga un destino che proviene dall’alba dei tempi. Anche queste sono architetture che si legano al divenire della storia, sculture simili a edifici che rimandano all’eternità, dove incontriamo presenze sacrali a indicare tappe di una possibile destinazione.
CON TALI IMPENETRABILI ENTITÀ, L'ARTISTA INTERROGA UN DESTINO CHE PROVIENE DALL'ALBA DEI TEMPI
Partendo da qui, le creazioni che fioriscono negli anni seguenti portano ulteriori elementi di costruzione e di rottura consegnati al nostro sguardo ambiguamente e profondamente partecipe. Cresce l’impegno e il sacro timore di riconoscerci nelle metamorfosi di Cristina, nel brutale incedere di Flor del 2011, o nelle tormentate contorsioni del Mimo Repente Simile stato d’animo affiora anche al cospetto della belluina trasformazione di una Sagrada del 2013, dall’inatteso volto angelico, prima di approdare alle nudità straziate del Dio del bosco, realizzato nel 2014.
SCULTURE CHE RIMANDANO ALL'ETERNO DOVE INCONTRIAMO PRESENZE SACRALI A INDICARE UN POSSIBILE CAMMINO
Così per Marcello Pietrantoni – persona, tra l’altro, dalla vasta cultura classica – la massima religiosa iscritta nel tempio di Apollo a Delfi, “conosci te stesso”, diventa percorso assieme individuale e universale. Una esplorazione negli abissi dell’anima e nel mondo dei primordi che questa gli suggerisce. Dalle sue mani e dalla sua mente, escono creature arcane di cui non sappiamo nulla, ma che – siamo certi – a uno sguardo puro sapranno rivelare tutto.