Un’imponente antologica mette in discussione i confini tra plasticità e immaterialità, interazione e meditazione
A Palazzo Strozzi apre il 7 ottobre p.v. una mostra dedicata all’artista anglo-indiano Anish Kapoor (Mombay, 1954), da lui stesso concepita di concerto con il curatore Arturo Galansino.
A partire dal titolo “Untrue Unreal”, Kapoor – reduce dalla recente inaugurazione dell’avveniristica stazione della metro a Napoli – prepara il visitatore all’esperienza immersiva in una dimensione illusoria che lo costringe a un atteggiamento attivo dal punto di vista percettivo, affrancato dalla dimensione passiva e anestetizzata dei media e dei social contemporanei. L’antologica unisce opere del passato e recenti, in cui viene messo in discussione il confine fra plasticità e immaterialità e si sviluppa attraverso una dialettica fra visione e illusione, interazione e meditazione, concavo e convesso. In rassegna troviamo opere polimateriche (pigmento, acciaio, pietra, cera, silicone) che vengono manipolate, scolpite, saturate e levigate a seconda degli scopi dall’artista.
IN RASSEGNA OPERE POLIMATERICHE MANIPOLATE, SCOLPITE, SATURATE E LEVIGATE A SECONDA DEGLI SCOPI
Kapoor, che lavora fra Londra e Venezia, si impone dagli anni ‘80 nel panorama artistico internazionale, quando la Gran Bretagna – dove si trasferisce dalla metà degli anni ‘70 – sembra essere alla periferia di una mappa che si sta strutturando in forma globale, dominata dal ritorno alla pittura scandito da movimenti come la transavanguardia, i Neue Wilden, gli street artist e le star americane. L’artista, che nel ‘90 rappresenta la Gran Bretagna alla Biennale di Venezia e nel ‘91 vince il prestigioso Turner Prize, dimostra, ancora una volta, che l’arte è uno strumento per stimolare riflessione. Sviluppa una peculiare forma espressiva che sfugge alle categorie critiche e disciplinari, riuscendo attraverso la sperimentazione ad armonizzare scultura, pittura e architettura, tenute insieme da un’attitudine a modellare la sintassi dello spazio e a inserire il concetto del tempo nelle sue opere, che coinvolgono direttamente l’osservatore.
Kapoor ribadisce una poetica in cui forma, dimensione e colore (nel 2016 brevetta persino un colore, il “Vantablack”) diventano strumenti di riflessione/meditazione, perché l’arte è un tipo specifico di comprensione, tangente quella filosofica.