La mostra ispira una riflessione sui rapporti fra le opere d’arte di una collezione o di un museo
Tutti ne parlano, spesso a sproposito: salvatrice dell’umanità, sua condanna, l’intelligenza artificiale cela complessi modelli statistici dietro la maschera di Terminator nella sua versione apocalittica, o di qualche guru (Steve Jobs, Elon Musk, ecc.) nella sua versione misticheggiante. Dopotutto, non c’è di che stupirsi. Formule matematiche che sembrano geroglifici, l’impreparazione del pubblico generalista (e quasi sempre di chi avrebbe il compito di spiegare) nel leggere numerose linee di codice, generano spontaneamente narrazioni che attingono a un sostrato mitico della nostra coscienza collettiva. Gli uomini hanno da sempre ideato dèi, o creature come i golem, detentori di una conoscenza assoluta o di capacità di apprendimento tali da soverchiare l’intelligenza umana.
INSTALLAZIONI DI GRANDE EFFETTO, BELLISSIME, CON COLORI VIVACI E COMPOSIZIONI ASTRATTE
La parola che dà il titolo della nuova personale di Refik Anadol al MoMA, Unsupervised, si rifà con ogni evidenza alla grande divisione tra modelli di apprendimento. Nei modelli supervised, sulla base di una o più variabili, si sa quale variabile predire (per esempio, conoscendo la metratura, il numero di stanze e la locazione di una cosa, si vuole predirne il prezzo). I modelli unsupervised, invece, sulla base di dati esplorano relazioni senza concentrarsi su una particolare variabile. E le relazioni, le reti, oltre ovviamente la possibilità di una loro resa estetica, sono il centro della ricerca di Anadol.
CI SI POTREBBE CHIEDERE SE L'INTELLIGENZA ARTIFICIALE NON SARÀ MONCA
SE SI CONSIDERA L'INTELLIGENZA COME UNA PICCOLA LUCE NELL'INFINITA DISTESA DI STUPIDITÀ
Dall’inizio del suo percorso, l’artista turco ha lavorato con modelli di intelligenza artificiale per creare sculture, quadri e installazioni capaci di tradurre complesse quantità di dati in un’esperienza immersiva e cangiante a seconda del variare del flusso di informazioni. “Unsupervised” lavora con dati pubblici sulla collezione artistica del MoMA, ispirando una riflessione sui rapporti fra opere d’arte all’interno di una collezione e, in particolare, di un museo. Come sempre, i quadri e le installazioni prodotte sono di grande effetto, bellissime, con colori vivaci e composizioni astratte che a uno sguardo più ravvicinato mostrano la complessità delle reti soggiacenti. Ci si potrebbe però chiedere se l’intelligenza artificiale non sarà per sempre monca, se si considera l’intelligenza stessa come una piccola zona di luce nell’infinita distesa di stupidità che contraddistingue le vicende umane. In altre parole, può esistere intelligenza senza il suo contrario? Allo stesso modo, un modello statistico può produrre solo rappresentazioni gradevoli come quelle di Anadol? Davvero le reti e i rapporti esplorati non concepiscono la possibilità di rapporti lacerati, disgregazioni, effetti sgradevoli e persino orripilanti per l’occhio umano?