Quando il dolore diventa arte: Milano • Grande mostra di Edvard Munch a Palazzo Reale

16 Febbraio 2025

A 80 anni dalla scomparsa, oltre 100 opere ricordano il pittore norvegese

Palazzo Reale ospita fino al 26 gennaio 2025, in occasione dell’ottantesimo anniversario della scomparsa, una grande antologica (cento opere fra dipinti, disegni e stampe) di Edvard Munch, dal titolo “Il grido interiore” a cura di Patricia Berman. Fra i maggiori interpreti della stagione simbolista degli anni ‘80 e ‘90 del diciannovesimo secolo, l’artista ancora oggi è capace di provocare profondo sgomento.

Nato a Loten nel 1863, è vittima, fin da bambino, di una serie di gravi lutti familiari, fra cui la morte per tubercolosi della madre e di una delle tre sorelle, forse la più amata. La depressione che in seguito colpisce il padre ed il sospetto di essere egli stesso affetto da tare genetiche, contribuiranno a delineare la sua dolorosa visione del mondo: l’individuo è rappresentato come intimamente fragile ed esposto a un destino implacabile con cui non può sperare di venire a patti.

Per lui, l'essere umano è intimamente fragile ed esposto a un destino implacabile contro cui non può fare nulla

L’acqua tumultuosa di un fiume che spesso fa da sfondo all’espressione stralunata dei personaggi delle sue tele – che, in piedi su di un ponte con gli occhi sbarrati, fissano lo spettatore (come ne L’urlo) – restituiscono con eccezionale vigore la condizione umana secondo Munch: l’uomo è irrimediabilmente solo al cospetto di una natura matrigna, grandiosa ma implacabile, che obbedisce solo alle sue leggi, incurante delle sofferenze dell’individuo.

Pensiamo a Disperazione del 1894, in cui due figure elegantemente vestite di nero sono riprese di spalle, a sottolineare l’impossibilità di una reale comunicazione, mentre si allontanano da un uomo, ritratto in primo piano a testa china e con espressione rassegnata, quasi schiacciato da un fiammeggiante tramonto che lo sovrasta.

Nell'infanzia, la morte per tubercolosi della madre e di una amata sorella, la depressione del padre segneranno la sua dolorosa visione del mondo

Non traspare gioia nemmeno nella gioventù, come si intuisce nelle tre fanciulle ritratte di spalle in Le ragazze sul ponte del 1927 che, appoggiate a un parapetto di legno, osservano il fiume davanti e sotto di loro, nella fissità inquietante di un paesaggio bucolico.

Esplosione cromatica e soggetti comunicano sempre un profondo senso di alienazione, come se Munch fosse allo stesso tempo terrorizzato ed irresistibilmente attratto dalla morte. Ed ecco lo scheletro (La morte al timone del 1893) che conduce beffardo una barca con a bordo un anziano pescatore, impotente, succube del proprio destino.

È come se Munch fosse allo stesso tempo terrorizzato e irresistibilmente attratto dalla morte

Colpito da una malattia nervosa nel 1908, sa ritrovare e mantenere un equilibrio che gli consentirà, fino alla morte nel 1944, di realizzare una notevole produzione artistica. A dispetto dello scandalo suscitato agli esordi dai temi trattati, riceverà anche l’affidamento di importanti commesse pubbliche, come il ciclo pittorico realizzato per l’università di Oslo.

In Munch la vita e l’opera appaiono saldate insieme con un’intima coerenza che raramente è dato riscontrare.

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