Nella sua opera, entità materiali e immateriali si compenetrano. Metafore e simboli mitologici che rimandano al tempo sospeso dell’attesa
“Sono nato in una cantina di un ospedale. Là è dove mia madre mi ha dato alla luce e quella stessa notte la nostra casa è stata bombardata”. Nato e cresciuto tra le macerie di un paese raso al suolo, Anselm Kiefer (Donaueschingen – Germania, 1945) è oggi uno dei più grandi artisti viventi.
“Angeli caduti”, titola la mostra a Palazzo Strozzi, perché gli angeli, figure immortalate dagli artisti di tutti i secoli, non sfuggono neppure al suo sguardo. Angeli ribelli, caduti, che hanno perso la loro connotazione celeste, scegliendo la disobbedienza, che cercano tra le passioni ciò che a loro manca. Gli angeli di Kiefer però non volteggiano sopra il cielo di Berlino (come non ricordare il film dell’amico e connazionale Wim Wenders?) piuttosto sopra un mare forse proprio di macerie, anche se il cielo è d’oro.
LUI È SEMPRE L'ALCHIMISTA, L'ARCHITETTO VISIONARIO E ICONOCLASTA CHE BRUCIA, DEMOLISCE E RIEDIFICA
Nella recente mostra a Palazzo Ducale a Venezia, aveva coperto con le sue tele tutte le pareti della sala dello Scrutinio, qui, a Firenze preferisce, invece, un vis à vis con gli spazi rinascimentali. Non ha dubbi di installare nel cortile d’ingresso Engelssturz (Caduta dell’angelo, 750x840), l’immensa opera concepita proprio per l’occasione e visibile subito a tutti. Poi, in 8 sale si incontrano installazioni, pitture, fotografie (dall’82 a oggi) in una sequenza sorprendente per differenti tematiche, per i riferimenti letterari e filosofici. Oltre a dare il nome alla mostra, Engelssturz, dice già molte cose dell’artista: la sua predilezione per le dimensioni monumentali, per la caotica matericità, per il confronto con la storia (qui l’ispirazione va al San Michele Arcangelo, l’angelo buono, di Luca Giordano) e con le religioni (scrive anche il nome, Michele, in ebraico). Non sarà facile sfuggire ai grandi quesiti esistenziali perché viene subito addosso l’assillo temporale, la precarietà drammatica del presente, il dualismo della natura umana.
ANGELI RIBELLI, CADUTI, CHE HANNO PERSO LA LORO CONNOTAZIONE CELESTE, SCELGONO LA DISOBBEDIENZA, CERCANO FRA LE PASSIONI CIÒ CHE A LORO MANCA
C’è sempre qualcosa di duro e di tenero, qualcosa che allontana e qualcosa che attrae, qualcosa che sembra spaesante eppure pare così familiare nel suo lavoro. Entità materiali e immateriali si compenetrano, diventano metafore e simboli, si perdono e si ritrovano nella mitologia, nel tempo sospeso dell’attesa. Transitare tra i suoi lavori è come varcare la soglia di un luogo primordiale, o di un luogo di cui abbiamo già calpestato la terra. E questa mostra non fa eccezione. Lui è sempre l’alchimista, l’architetto visionario e iconoclasta che brucia, demolisce e riedifica usando vetro, paglia, semi, detriti, stoffa, piombo: uno stratega che va sempre avanti. In quel caos titanico, tra quelle rovine si percepisce sempre la rinascita.