Una mostra curata in ogni minimo dettaglio dall’artista recentemente scomparso
Il Guggenheim dedica un’ampia retrospettiva a Giovanni Anselmo, dal titolo “Beyond the Horizon” (a cura di Gloria Moure, fino al 19 maggio). L’artista - scomparso lo scorso 18 dicembre - ha progettato e curato in ogni minimo dettaglio questa mostra: dall’articolazione degli spazi dell’iconico edificio firmato da Frank Gehry fino a porre la propria foto sulla copertina del catalogo.
All’inizio del percorso espositivo, si trova un ritratto scattato da un amico a Stromboli nel 1965 che ha assunto valore epifanico per la poetica dell’artista. Seguono, poi, opere come Torsione (1968) e Untitled (The Wet Cotton is Thrown onto the Glass and it Stays There) (1968), passando per quelle che simboleggiano l’inesausta ricerca condotta sul confine fra visibile e invisibile (Invisible, 1971): tematiche cardine come quelle legate all’entropia, riletta alla luce delle teorie di Georges Bataille, Toward Ultramarine (Verso Oltremare) (1984) e Untitled (1984).
IN RASSEGNA OPERE COME TORSIONE DEL '68 E INVISIBLE DEL '71
L’allestimento traduce la visione di Anselmo, che rifiutava l’esposizione cronologica lineare a favore di una dinamica di flusso continuo: un procedimento circolare con cui concepiva la realtà e la sua opera che, applicata all’ordinamento espositivo, dà vita a legami inediti e formule percettive e di riflessione nuove rispetto a quanto realizzato nel corso della sua intera carriera.
TEMATICHE CARDINE DELLA SUA RICERCA QUELLE LEGATE ALL'ENTROPIA RILETTA ALLA LUCE DELLE TEORIE DI GEORGES BATAILLE
Aveva iniziato con il disegno e la pittura, che abbandonerà presto assieme alla rappresentazione, per approdare a una dimensione panica di partecipazione all’esistente, che lo condurrà a prediligere materiali assemblati in forma installativa per esprimersi, lavorando con relazioni fisiche fondamentali quali i campi magnetici, le tensioni fra gli elementi, la gravità, la precarietà dell’equilibrio.
PARTECIPA NEL '69 A EVENTI EPOCALI COME "WHEN ATTITUDES BECOME FORM" CURATA
DA HARALD SZEEMAN E NEL '90 VINCE IL LEONE D'ORO ALLA BIENNALE DI VENEZIA
Un percorso che, nonostante l’affiliazione all’arte povera, la partecipazione a eventi epocali come quello curato da Harald Szeeman nel 1969 ("When Attitudes become Form") e prestigiosi riconoscimenti come il Leone d’oro alla Biennale di Venezia nel 1990, è stato condotto all’insegna di una riservatezza e di una coerenza inflessibili, che gli hanno permesso di unire, in maniera sinergica, dimensione individuale e riflessione universale, estetica e politica.