In esposizione 50 opere rappresentative delle diverse fasi del suo percorso artistico
Sono passati cento anni dalla nascita di Lucian Freud, nipote di Sigmund, e soltanto undici dalla morte, ma il fascino della sua pittura continua a scuotere l’anima dell’uomo contemporaneo. Il Thyssen-Bornemisza gli dedica una retrospettiva con una cinquantina di opere rappresentative delle diverse fasi della carriera. Dai primi lavori ai ritratti intimi ai nudi, la matrice drammatica della carne rappresentata nei suoi risvolti crudi e narrativi permea il corpus di soggetti esibiti nella loro mortalità. Ebreo, nato a Berlino, giunto
a Londra nel ‘33 dopo la presa del potere da parte di Hitler, in un clima culturale ansioso di prendere le distanze dall’accademismo, manifesta fin da subito interesse per l’estetica frequentando scuole di disegno e di pittura inglesi - come la Central School of Arts and Crafts e la East Anglican School of Drawing and Painting - agli albori di un cammino che plasmerà uno dei fenomeni artistici più riconosciuti nell’Europa del secondo dopoguerra. Il realismo onirico, influenzato dal surrealismo nei primi lavori, lascerà il posto in maturità a una virata stilistica decisa verso il naturalismo, più vicina all’espressionismo. La produzione è farcita di riferimenti: Rembrandt, Cézanne, Velázquez, Watteau, Rodin sono soltanto alcuni di questi. L’amicizia con Francis Bacon sarà determinante nello sviluppo di un dialogo pittorico tra i due artisti che si confronteranno nei temi offrendo al ‘900 due rivoluzionari esempi di visioni creative profonde e controverse. Osservatore minuzioso, Freud dipinge la fisicità degli effigiati: l’epidermide giallo-bluastra, le vene e le abrasioni dei volti invecchiati, le palpebre arrossate, le ossa sporgenti, le parti del corpo caduche e gonfie; riserverà ad animali e ambienti la stessa analisi, insistendo con le pennellate su peli, unghie, pareti scrostate e ammuffite, rubinetti arrugginiti e gocciolanti, foglie appassite di piante da interni.
LA VERITÀ IRROMPE SULLE TELE E NELL'ESPERIENZA DELL'OSSERVATORE CON UNA MATERIA SCOMODA E INVADENTE
L’indagine sulle superfici, esaltata dalla padronanza dei cromatismi, trascende, così, nell’introspezione e nel disagio, nell’oscurità che i soggetti sospesi, immobili sembrano conservare, evidenziando il carattere drammatico figurativo della condizione dell’uomo moderno. La verità irrompe sul dipinto e nell’esperienza visiva dello spettatore con la materia scomoda, invadente, in rottura con il più tradizionale culto della bellezza, con l’esaltazione dei canoni classici. “New perspectives” è il titolo della rassegna, curata da Paloma Alarcó, che fino al 18 giugno ospiterà lavori iconici come The Painter’s room (1944), Girl with roses (1947- 48) , Reflection with two children (Self- portrait) (1965), Double Portrait (1985-1986), David Hockney (2002).