New York • Il PS1 celebra Niki de Saint Phalle
La sua pratica artistica è un incrocio tra performance, pittura, scultura, tiro al bersaglio
Nella sua produzione successiva il maschio in quanto tale scompare, liberando lo spazio potenzialmente infinto di un immaginario femminile emancipato
Se si volesse riassumere – in modo assai grossolano – la principale differenza tra le avanguardie europee del primo dopoguerra e quelle del secondo, bisognerebbe anzitutto parlare di un diverso approccio nei confronti del realismo: dada lo nega, il surrealismo ne cerca un superamento, ma in ogni caso la realtà è grossière, inaccettabile in quanto tale. Negli anni ‘60, il nouveau réalisme intratterrà con il reale un rapporto meno oppositivo e più contraddittorio: criticandolo e accettandolo al tempo stesso, se ne appropria per esibirne aporie e incongruenze. “Riciclo poetico del reale” e “singolarità collettiva” sono alcune fra le sue paradossali parole d’ordine.
Anche l’associazione tra Niki de Saint Phalle e il nouveau réalisme è contradditoria e problematica: francese e americana, donna in un mondo di uomini; modella, poi attrice, infine artista, Niki dapprima ha fatto di un’appropriazione violenta e al tempo stesso poetica dei simboli di una cultura repressiva, che la voleva moglie e madre, la cifra della sua pratica artistica, poi, dopo averla fagocitata, ha restituito la realtà in forme nuove e antiche al tempo stesso.
Volendo dividere il suo percorso artistico in due tappe, la vedremmo nella prima imbracciare un fucile (simbolo par excellence della moderna società patriarcale) e sparare a barattoli di vernice posti su dipinti e sculture per lo più raffiguranti figure di potere, come Kennedy e Kruscev. Niki, pertanto, non nega la realtà in quanto tale, ma se ne appropria, la rivolge contro se stessa – con una pratica che è all’incrocio tra performance, pittura, scultura, tiro al bersaglio – e la eroticizza in modo perturbante e liberatorio, rivolgendo i simboli della mascolinità contro la mascolinità stessa.
Donna in un mondo di uomini, modella, attrice, poi artista, rivolge la realtà contro se stessa e la eroticizza in modo perturbante e liberatorio
Nella seconda fase, però, non sono più queste poetiche forme di castrazione a farla da padrone – pardon, padrona. Il maschio in quanto tale scompare, liberando lo spazio potenzialmente infinito di un immaginario femminile emancipato, che si nutre delle scoperte delle avanguardie antiche e nuove, le traduce in uno stile personalissimo e investe ogni forma d’arte, dalla pittura alla scultura, dall’architettura all’editoria. Curve, orifizi, protuberanze: come nell’installazione Hon del 1966 – una grande scultura che ricorda una donna incinta, nella quale è possibile entrare dalla vulva – l’arte di Niki di Saint Phalle modella ed esaspera le forme per creare uno spazio in cui una femminilità ferita, libera, inquietante, esuberante, si esprime senza compromessi.
Niki de Saint Phalle
Structure for Life
New York MoMA PS1
A cura di Ruba Katrib Josephine Graf
Fino al 6/11