Le sue scritte al neon seguono il moto ascendente delle scale a spirale del museo ideato da Frank Lloyd Wright
Con Light Line, Jenny Holzer torna al Guggenheim dopo l’installazione del 1989, che a sua volta riprendeva Truism (1978-1987), la prima serie di opere d’arte che l’hanno resa famosa, cioè una serie di scritti, che diventano opere d’arte, sì da vedere, ma soprattutto da leggere: massime, brevi sentenze, citazioni, scritte al neon che scorrono. La spirale di Frank Lloyd Wright, croce e delizia per intere generazioni di curatori, si rivela particolarmente adatta a ospitare la ricerca pluridecennale della prima artista donna ad avere un solo-show nel padiglione americano della Biennale del 1990. Le scritte al neon seguono il moto ascendente delle scale del museo – questa è la “linea di luce” che dà il titolo alla mostra –, ma senza la netta verticalità, per esempio, della Trasfigurazione di Raffaello.
È STATA LA PRIMA ARTISTA DONNA AD AVERE UNA PERSONALE NEL PADIGLIONE AMERICANO DELLA BIENNALE DI VENEZIA DEL 1990
L’arte da leggere di Holzer non dà certezze, bensì evidenzia in modo problematico, come ogni artista, il nodo che stringe, separa e unisce, ciò che si vede da quel che non si vede, come ciò che si immagina da quel che si scrive. Distinzioni labili, analizzate e ridicolizzate nei diversi livelli della mostra, tramite tavole che ricordano la Stele di Rosetta ma riportano tweet di Trump, fallimentari piani di guerra definiti con l’aiuto dell’intelligenza artificiale, report presi dagli archivi dell’FBI sulle attività di artisti e scrittori interamente cancellati. Su tutto, la lezione di Louise Bourgeois: l’arte è soprattutto scelta di colore, dunque di luce. Pensare che ci sia pura scrittura soltanto perché si legge è un’illusione, perché quelle parole vanno soprattutto viste.
Immagini e parole definiscono la semantica della realtà e del potere.
Dietro alle semplici evidenze, tutto è più complicato di come sembra: Raffaello dipinge Cristo circonfuso di luce. L’immagine è un’interpretazione di tre diversi passaggi dei Vangeli di Marco, Matteo e Luca. Con la luce di Cristo, Raffaello rappresenta la tenebra del giovane indemoniato, in basso a destra: un anacronismo, perché Gesù guarirà il ragazzo solo dopo la trasfigurazione, in un altro passaggio dei tre Vangeli. Alla morte di Raffaello, scrive Vasari, il dipinto viene posto al capezzale dell’artista. Il corpo è morto, scrive Vasari, l’opera è viva. Ma, sembra voler intendere Vasari, la luce dell’immagine trasfigura l’autore. Grazie a questa luce il critico può scrivere che l’artista è “divino”. Scambi, passaggi. Visioni.