Lucido testimone del suo tempo

11 Novembre 2021

MILANO • GRANDE ANTOLOGICA DI MARIO SIRONI AL MUSEO DEL NOVECENTO

L'ampia rassegna offre l'occasione di ripercorrere l'intero iter creativo del maestro

Gli interessava interpretare criticamente il presente, il dramma esistenziale della sua epoca che riversava nei celeberrimi paesaggi urbani

Il Museo del Novecento di Milano ospita fino al 27 marzo 2022 “Mario Sironi. Sintesi e grandiosità”, una mostra antologica scandita da oltre cento opere del Maestro nato a Sassari nel 1885. (A cura di Elena Pontiggia, Anna Maria Montaldo, direttrice del museo, in collaborazione con Andrea Sironi-Strausswald - Associazione Mario Sironi, Milano - e Romana Sironi - Archivio Mario Sironi, Roma. Accompagna l’esposizione un poderoso catalogo Ilisso Editore).

Questa rassegna ci offre l’occasione di ripercorrere l’intero iter creativo di un autore che ha saputo interpretare con lucida e allegorica puntualità i passi e i nodi cruciali che hanno scandito e caratterizzato la prima metà del secolo scorso. Se alcune prove del primo periodo, come l’Autoritratto del ‘09-10, risentono del clima simbolista e postimpressionista, il futurismo e il cubismo si manifestano con particolare sensibilità espressiva in Testa del ‘13. A Sironi infatti interessava interpretare criticamente il presente e il suo passaggio alla “metafisica”, riversata e sentitamente tradotta nel dramma esistenziale dei celeberrimi paesaggi urbani degli anni’20 (come Paesaggio urbano del 1925-28) e già presente ne Il camion del ‘14-15, ne è un indice significativo.

Così anche il “monumentalismo” dei personaggi effigiati e delle strutture architettoniche, che troverà un imponente, ampio sviluppo nel decennio successivo, entra in questa logica dove viene recuperata anche una rimarcata classicità da sposarsi al clima instaurato dal regime. In un simile contesto perfino una figura di non austero livello sociale come Il pescivendolo del ‘25 conquista un particolare rilievo narrativo. Invece l’allegoria di Pandora dallo sguardo severo e malinconico perduto nel nulla, che caratterizza il dipinto dedicatole nel ‘21-22, ci riconduce al pessimismo di Sironi nei confronti delle vicende umane, un pessimismo che trapelerà dai volti impassibili dei futuri personaggi ai quali non è sufficiente l’imponenza statuaria per mutare le sorti dell’esistenza.

Il monumentalismo dei personaggi e delle strutture architettoniche rientra nella logica della rimarcata classicità degli anni '20

È un clima che coinvolge anche Condottiero a cavallo del ‘35 e che va a minare perfino il rigore compositivo dei grandi murali, come si può constatare nello studio preparatorio per La Giustizia tra la Forza, la Legge e la Verità del ‘38. Il Sironi sperimentatore e attento indagatore del proprio tempo reinterpreterà, a partire dagli anni Quaranta, il travaglio del mondo che lo circondava attraverso alcune prove di particolare intensità percettiva che troveranno quindi il corrispettivo emozionale e gestuale nei lavori dei “nuovi espressionisti tedeschi” operanti nella Berlino isolata e suddivisa dalle spartizioni post-belliche.

Il pessimismo di Sironi nei confronti delle vicende umane trapela nei volti impassibili aI QUALI non è sufficiente l'imponenza statuaria per mutare le proprie sorti

Sono composizioni allegoriche dal forte impatto visivo come le emblematiche Montagne, databili intorno al ‘43, che ci consegnano un interprete caratterizzato da un acceso impegno creativo. L’ultimo quadro del ‘61 offre un’interessante sintesi dell’intero percorso di Mario Sironi: assume il ruolo di viatico o di testamento per tutti noi che ci specchiamo, grazie a siffatti capolavori, nella sua tristezza, nel suo profondo dolore esistenziale che proprio in quell’anno consegnerà definitivamente il suo talento ai posteri.

 

Mario Sironi

Sintesi e grandiosità

Milano Museo del Novecento

A cura di Elena Pontiggia Anna Maria Montaldo

Catalogo Ilisso editore

Fino al 27/03/22

L'Autore

24 Post

È nato a Genova e vive a Pegli con uno sguardo ai monti e uno al mare dal cui contrasto nasce l’ispirazione. Si occupa d’arte contemporanea da più di quarant’anni avendo avuto la fortuna di conoscere e di frequentare importanti artisti come Enrico Baj, Arnaldo Pomodoro e  Fernando Botero, tanto per citarne alcuni, cercando di indagare l’intima motivazione del loro gesto creativo da riversare nei testi di presentazione di mostre in spazi pubblici e privati italiani e stranieri. Dice che è stata pure una fortuna incontrare il direttore che ormai da diversi lustri accoglie e pubblica i suoi articoli.

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