Spinea (Venezia) • Personali di Ignacio Llamas e Barbara Pelizzon agli oratori di Santa Maria Assunta e di Villa Simion
I due artisti, che hanno già esposto insieme nel 2014, si ritrovano ora a colloquiare con esposizioni site specific
Le due personali, di Ignacio Llamas e Barbara Pelizzon, aprono il programma espositivo all’Oratorio di Santa Maria Assunta e all’Oratorio di Villa Simion a Spinea. La rassegna, voluta dal Comune, curata da Santina Ricupero, con la collaborazione dell’Associazione Contemporis ETS, si propone di indagare le tante sfaccettature della memoria come tematica di identità e di relazione.
I due artisti, che hanno già esposto insieme a una collettiva nel 2014 all’isola di San Servolo a Venezia, si ritrovano ora a colloquiare con esposizioni pensate site specific. Il mondo della memoria, pur nelle differenti scelte espressive, si interseca nella poetica del frammento: assemblato nelle installazioni e sculture di Barbara, isolato nella ricerca di Ignacio, ma sempre focus dal quale partire per ricostruire la loro poetica.
Nell’Oratorio di Santa Maria Assunta, l’installazione Habitarse, di Ignacio Llamas, è un viatico che si snoda attraverso due processioni accostate di grandi immagini fotografiche che conducono all’altare della chiesa, dove poggia un piccolo libro che contiene una fotografia. L’installazione segna idealmente un percorso nel quale la natura si fa elemento di distruzione, ma anche di incanto: fra il biancore cristallino e le fenditure di un manto di neve, se ne intravede qualche traccia, è ciò che resta dopo una grande nevicata che ha isolato paesi e portato sgomento.
La nevicata, avvenuta a Toledo nell’inverno scorso, diviene metafora del superamento del senso di confine e della sofferenza, ciò che è limite può essere anche occasione di bellezza, di rigenerazione e il silenzio può farsi suono di vita. Un’artista riflessivo Ignacio che cammina tra Oriente e Occidente, tra presenza e assenza, tra silenzio e suono: la misurata ricerca di regole prospettiche, formali e luministiche lascia sempre qualcosa di indefinibile eppure vividissimo.
A breve distanza, nell’Oratorio di Villa Simion, ci sono le installazioni, le pitture e gli oggetti di Barbara Pelizzon, con i suoi Codici, Mantra, Memoris. L’artista spalanca le porte agli oggetti che le sono più cari, ai materiali di scarto, a contesti, ai gesti. Peripezie esistenziali, oltreché culturali, tracciano un percorso narrativo frastagliato e affollato. “Cerco sogni perduti e metto insieme pezzi, ma mi manca sempre qualcosa”, scrive Osvaldo Soriano in El ojo de la patria: Barbara cerca sogni imprigionati nella lana di vecchi materassi dismessi, cerca di dare forma a quel “qualcosa” tessendo un intreccio aggrovigliante tra amore di vivere e dolore, finanche a sfiorarne la violenza.
L’installazione che campeggia all’ingresso è un insieme conturbante di tensione e mollezza, tessuti preziosi e lana, manipolati sino a diventare propaggini dissotterrate, ciò che l’artista nomina “cordoni ombelicali” e che ripropone in più versioni. Il discorso sensoriale, anche tattile, continua nelle differenti versioni dei suoi codici composti da oggetti e frammenti rinvenuti e sottoposti a un attento processo di “purificazione sacrificale”.
Cuce, fascia, ricama, rompe, taglia, incolla: le sequenze paiono trascrizioni di partiture musicali o sillabari di civiltà arcaiche. Un po’ magiche, classiche, barocche e sintetiche al contempo. Non importa decifrarle, basta sentirne la corrente vitale per preservare la memoria del futuro.
La rassegna Silentium Memoria, proseguirà con gli artisti Angelino Cortesia e Paolo Zamengo (22 ottobre-14 novembre) e con l’omaggio a Pier Paolo Fassetta (26 novembre-19 dicembre).