Ci mancherai, Paula
A malincuore, e (come spesso accade) troppo presto, l’arte piange oggi la scomparsa di una delle figure più significative del surrealismo contemporaneo: Paula Rego se n’è andata a 87 anni nella sua casa di Londra, vinta da una malattia breve ma definitiva.Troppo presto, si diceva, perché nonostante l’artista lusitana abbia dedicato la propria intera vita all’arte, spesso attingendo a esperienze personali anche molto dolorose, ci è voluto diverso tempo prima che la cifra delle sue perturbanti black tales ottenesse la meritata attenzione del pubblico. Nata a Lisbona nel 1935, Paula Rego inizia a dipingere molto giovane sin dai tempi della scuola britannica St. Julian’s School di Carcavelos, dove studia dal 1945. In seguito, per sfuggire al regime di Salazar si trasferisce a Londra, dove prosegue la formazione alla Slade School of Fine Art e dove poi negli anni ’70 avvierà la carriera d’artista, perennemente divisa, come era sempre il suo cuore, fra l’Inghilterra e il Portogallo. Fondamentale negli anni ’60 è l’adesione al London Group, al fianco di figure come David Hockney e Frank Auberbach, esperienza che introduce l’artista nelle grazie della critica internazionale. Nel 1988 finalmente, la prima delle due più importanti retrospettive: quella alla Calouste Gulbenkian Foundation di Lisbona e alla Serpentine Gallery di Londra, seguita 33 anni dopo dalla grande esposizione alla Tate Britain del 2021 che ne ha ripercorso e celebrato la vita e la carriera attraverso 100 opere. L’immaginario di Paula Rego attinge alla letteratura dei racconti popolari e delle leggende portoghesi, che reinterpreta in salsa surrealista: non però quel surrealismo flemmatico e misterioso che ci regalò il ‘900, bensì un ampio mosaico stridente di scene tra l’onirico e l’assurdo, calate in atmosfere cromatiche e illuministiche spesso grottesche e inquietanti, beffarde o cariche di una violenza pronta a esplodere. Pur rispettando i canoni del filone fiabesco, il linguaggio di Rego è pregno di allusioni, simbolismi ed elementi che acutizzano gli aspetti corrotti, immorali, meschini della realtà. E nel campo della realtà, la ricerca di Rego si muove in due direzioni: da un lato indaga la dimensione politica, sociale e collettiva; altrove è assai più capillare e trae gusto nel mettere sotto al microscopio i rapporti interpersonali e le sottili dinamiche della psiche umana. Muovendosi fluida tra astrattismo e figurazione, tra pittura e installazione, tra umorismo e denuncia sociale, la poetica di Paula Rego non risparmia neppure i bambini che anzi costituiscono un soggetto caro all’artista, così come centrali sono i temi del femminismo e dell’erotismo. Tra i suoi lavori più incisivi sono da ricordare le serie Dog Women (1994), Female Genital Mutilation (2008-2009) e Abortion (1998-99), così come le deliranti allegorie del ciclo Salazar Vomiting the Homeland (1960). Con la sua scomparsa, Paula Rego non soltanto ci consegna un’eredità artistica di grande valore, luminosa e oscura al tempo stesso, ma lascia anche un vuoto ottenebrante alla 59° Biennale di Venezia “Il latte dei sogni” dove aveva segnato una doppia presenza nel padiglione del Portogallo e nella sede di Victoria Miro: fra varie opere installative e pittoriche anche una serie di lavori dei primi anni 2000 che reinterpretano la vita della Vergine, rimasti celati per anni nella collezione personale dell’artista.