Il rapporto fra artisti e compositori contemporanei - Antonio Agostini: i miei studi per Nannetti

26 Luglio 2024

Con Nanof, il compositore indaga la storia di Fernando Oreste Nannetti, paziente psichiatrico esponente dell'art brut

Tra ‘800 e ‘900 tutto cambia, in arte visiva come in musica: la dissonanza prende sempre più spazio, le avanguardie scardinano i sistemi e il senso stesso di arte, eliminando la pregnanza del concetto di bello o di brutto.

Kandinsky invita ad ascoltare i colori. Ogni civiltà si dà il suo modo di riconoscere il suono come musica – fenomeno che si ripete con regole e stilemi compositivi determinati. Modo e norme evolvono. La musica contemporanea esce dalle sovrastrutture delle regole, dal principio ordinatore che impone direzione al procedere, per recuperare la fisicità del suono.

Si inventano nuove scritture e nuove strutture. Si cerca il suono puro.

Arnold Schönberg (1874-1951) si stacca dal sistema tonale proponendo la dodecafonia: non più solo sette note, ma una serie a caso dei dodici suoni della scala cromatica di ugual valore e nessuna gerarchia tra di essi. Tra le esperienze di rottura con la tradizione, la scuola di Darmstadt (Nono, Maderna, Boulez, Stockhausen) prende in considerazione anche l’alea e la casualità.

La ricerca giunge fino all’annullamento della composizione stessa: John Cage (1912-1992) invita ad ascoltare il silenzio – e, nel fragore del silenzio, “il nulla che accade” – e a studiare Duchamp.

"IN NANNETTI HO TROVATO ISPIRAZIONE ALLA MIA NECESSITÀ DI AFFRONTARE CON LA MUSICA IL RAPPORTO DEL MATTO CON IL NORMALE?"

Uno dei massimi compositori del XX secolo, Giacomo Manzoni (1932), è tra i protagonisti e promotori in Italia della nuova musica. È suo allievo Antonio Agostini (1969), chitarrista e compositore, che, nel suo ricco repertorio ha brani scritti come omaggio ad artisti quali Tinguely, Klein, Giacometti, Balla, Turcato, Vedova, intavolature che nascono da spunti e divengono percorsi di relazione. È autore di Nanof, esempio illuminante di composizione drammaturgica musicale, che narra la storia di Fernando Oreste Nannetti (1927-1994), alias NOF4, giunto al Ferri, padiglione giudiziario dell’Ospedale psichiatrico di Volterra, nel 1958. Schizofrenico? Demente? Graffitista, protagonista poco noto dell’art brut, che lascia traccia di sé sulle pareti del cortile del manicomio, definendosi “Astronautico Ingegnere minerario nel sistema mentale spazio temporale”. Per anni incide, con una fibbia metallica, il suo diario di pietra sui muri. Dice di ricevere telepaticamente messaggi e li diffonde attraverso una scrittura arcaica inventata con segni e con figure geometriche e stilizzate. Agostini dedica a Nannetti otto studi per soprano (Felicita Brusoni), chitarra elettrica, sassofono, contrabbasso, ensemble orchestrale e musica elettronica, su libretto scritto con Davide Toschi. Una voce femminile: madre? Compagna? Nannetti stesso? Proiezione della sua mente?

Il suo respiro unito al suono stratificato di apparecchi elettrici (il rumore di un frigorifero o di un televisore fuori sintonia) cosa vuol essere?

“È metafora del mezzo di trasmissione telepatica di cui parla Nannetti, antenna ideale col mondo ‘del fuori’, o forse dimensione superiore dove cercare nuovi contatti, semplicemente, fortemente, umani”, chiarisce il musicista.

Perché ha scelto la figura di Nanof-Nannetti, “l’uomo invisibile armato con fibbia catodica”, come lui stesso si ritrae? “Nella sua ricerca di ‘dignità di vivente’ e necessità di trovare altri modi di comunicazione, di fuga dalla solitudine, di giungere al graffio nella pietra come segno, come parola, ha rappresentato per me un modello umano contemporaneo, per una necessità compositiva di affrontare con la musica il rapporto del ‘matto’ con il ‘normale’, la ricerca di comunicazione umana e profonda in un’epoca dove si ha la sensazione di vivere continuamente in overdose di informazione e contatto, e che sembra invece spingere all’alienazione e alla solitudine”. Suono e visione si congiungono nelle sue partiture dai segni coinvolgenti, per un incontro plurisensoriale. Ogni scritta ha il sapore di un graffito.

La vita

Antonio Agostini nasce a Viareggio il 7 luglio 1969. Chitarrista, inizia gli studi musicali con Lilia Bemi a Viareggio; studia composizione presso il conservatorio statale “G. Puccini” di La Spezia e privatamente con Riccardo Dapelo. Si perfeziona (1996-2002) in composizione con Giacomo Manzoni, alla Scuola di musica di Fiesole, dove ottiene la borsa di studio del corso per l’anno 2001/2002. 

Segue corsi e masterclass di K. Stockhausen, L. Berio, Pierre Boulez, S. Sciarrino, A. Guarnieri, H. Lachenmann, L. Francesconi, M. Stroppa, S. Bussotti e N. Sani. Vince vari premi nazionali e internazionali di composizione: “D. Shostakovich” (Mosca), “Premio Veretti”, “Musici Mojanesi”, “Festival Sirga” e molti altri. È invitato da dipartimenti di musica, università e conservatori internazionali per tenere masterclass di analisi e composizione, e concerti con sue musiche: università EAFIT di Medellin (Colombia), Edison Denisov College (Tomsk, Russia), Hope University di Liverpool ed altri. 

È stato compositore ospite al “Galerie Mario Mazzoli” (Berlino), Festival Edison Denisov (Tomsk), Festival Angel Field (Liverpool), Bellagio Music Festival, Festival delle Cinque Giornate di Milano, Italian Composers Forum (Milano), Festival Wien Modern (Vienna), SpazioMusica (Cagliari), Nuova Consonanza – Franco Evangelisti (Roma), Compositori a Confronto (R. Emilia), Festival Cultural Mazatlan (Messico), Dissonanzen Festival (Napoli), Taverna Maderna (Padova) e Parade Electronique (Milano). 

La sua musica, dallo strumento solo fino alla musica vocale e sinfonica, è stata eseguita, in Italia e all’estero, da musicisti, cantanti e noti direttori come Irvine Arditti, Rohan De Saram, Vinko Globokar, F. E. Scogna, Yalda Zamani, Alexei Vinogradov, MotoContrario Ensemble, Ensemble Multilaterale, Ensemble Reconsil e molti altri.

L'Autore

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Figlia di collezionisti, occuparsi di arte è stato fluire naturale della passione verso una direzione magnetica. È attratta da tutti i sud del mondo, dal mare e dal cioccolato fondente. Osa, a volte, scattare fotografie. Da cittadina ha scoperto la campagna, generosa fonte di meraviglia. Ama le parole, la lettura e la scrittura, avventure sorelle, e, da accanita idealista, è sempre alla ricerca di nuovi sentieri della mente e dello spirito da sondare, come di gusti da provare. Gli esseri umani, la musica e la bellezza entusiasmano i suoi giorni. Curatrice di mostre, ha scritto su riviste diverse in Italia e all'estero, è felice e onorata di essere nel cast di AW ArtMag sin dalla sua prima uscita. Sempre alla ricerca di un motto, che fatalmente cambia nel dinamismo della vita, trova la sua verità in «per foco sempre».

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