È uno dei più promettenti giovani talenti del panorama artistico italiano
Raccontare Nicolò Tomaini (Lecco, 1989) significa partire da due semplici ma indispensabili premesse: la prima riguarda proprio lui, da molti addetti ai lavori considerato un vero e proprio talento, tra i profili più interessanti del panorama artistico italiano; la seconda, è una riflessione sulle idee: l’apparente leggerezza del suo lavoro è in verità feroce spirito critico nei confronti di una fruizione della cultura, della bellezza, dell’arte che soccombe giorno dopo giorno alla tecnologia e ai suoi sistemi così come alle carenze di quella stessa società che contribuisce al suo sviluppo.
OCCULTA VOLUTAMENTE OPERE DEL '600, DEL '700
E DELL'800 SU CUI RIPRODUCE PITTORICAMENTE
I CARICAMENTI DI IMMAGINE DELLA RETE
Nicolò occulta volontariamente opere d’arte dal nobile passato (XVII-XIX secolo), dal valore riconosciuto ma non per questo sempre riconoscibili mediante lo stratagemma dello squarcio fisico sul packaging, del glitch informatico, dello strappo pittorico, del failed download, ricreati in via pittorica, performativa e analogica al fine di sensibilizzare il fruitore sulla reale dipendenza a cui è costantemente soggetto. Tale dipendenza è generata dalla malcapitata illusione di possedere il tempo e, come conseguenza dei nostri giorni, dalla rapidità crescente con cui richiediamo e assimiliamo pseudo-notizie: un bombardamento costante di input da appagamento precoce e incontrollato che non ha un vero e proprio oggetto di riferimento e che, come tutte le dipendenze, alimenta la necessità impellente di soddisfare un bisogno insensato. A tutto ciò, Tomaini affianca quel generale senso di frustrazione, di impazienza, di nevrotica frenesia dovuto proprio alla discordanza esistente tra tempo, desiderio e oggetto del desiderio: di fatto lui non cancella le immagini ma impedisce che si completino. E non per dichiarare guerra a un’arte contemporanea ormai da molti considerata obsoleta, ma per rivolgersi direttamente alla fonte di ogni giudizio, a quell’essere umano che non sa più immaginare e forse neppure produrre.
LA SUA È UNA CRITICA FEROCE SUL MODO DI FRUIRE L'ARTE OGGI
Se, di fatto, è ormai l’informazione a creare l’oggetto di essa (arte compresa) e non il contrario, è anche vero che la crisi non può essere dell’arte ma dell’uomo che la produce o che, in teoria, la dovrebbe proteggere. Da queste riflessioni prende vita Francis Bacon. Studio per un ritratto, sua ultima opera (nell’altra copertina di questo numero n.d.r.) ispirata al confusionario e assurdo stato delle cose, che accade quando un’opera d’arte (o meglio, la sua rappresentazione grafica, la sua immagine) si trova incastrata negli ingranaggi della Siae che, al posto di salvaguardare gli interessi dell’artista, impedisce a tutti gli effetti la funzione primaria che è quella di far vedere il suo lavoro. Così il quadro non esiste più e allora che siano tutti così: sempre e soltanto schermi neri. Niente altro.
NELL'ULTIMO LAVORO È A CAUSA DELLA SIAE CHE L'OPERA VIENE OSCURATA
LA VITA
Nicolò Tomaini (Bellano, LC - 1989).
Frequenta il Liceo Scientifico “Alessandro Volta” di Lecco, poi la Facoltà di lettere presso l’Università di Bergamo. Si affaccia al mondo dell’arte contemporanea da autodidatta, realizzando i suoi primi lavori nel 2009. Vive e lavora a Lecco. Artista poliedrico e attento alle tematiche inerenti all’arte e alla sua comunicazione, ha appena pubblicato la sua prima monografia “_nome utente:/ Nicolò Tomaini” edita da Altedo di Bologna e arricchita dai contributi di Alessandro Baggi, Filippo Mollea Ceirano, Matteo Galbiati: un unico volume che raccoglie i suoi primi quattordici anni di produzione, tra riflessioni, foto allestimenti e singole opere analizzate dal punto di vista concettuale e documentale. A Umbertide la Rocca ospita la mostra dal titolo “Finestre sul male” che lo vede esporre a fianco a Tano Festa (fino al 2/10). Un’altra rassegna – “Rette incidenti” – assieme a Tino Stefanoni è inoltre in atto alla galleria Melesi di Lecco fino al 22/10.