AW ArtMag ha vinto la causa. Ma i danni a tutto il comparto sono già stati ingenti. Una Caporetto quanto a divulgazione culturale, libertà di informazione e introiti pubblicitari
Perdonate loro perché non sanno quello che fanno. Le pretese della Società italiana autori ed editori della corresponsione di diritti di riproduzione per immagini di opere di loro iscritti a corredo di servizi giornalistici si sono abbattute con la forza distruttiva di un uragano sull’intero comparto del sistema artistico. Con il bel risultato che la stampa (dai quotidiani alle riviste specializzate) giocoforza si ritrova a censurare gli artisti Siae; gallerie pubbliche e private, di conseguenza, sempre più deviano attenzioni e risorse verso autori liberi da questo vincolo; gli uffici stampa assistono impotenti al respingimento dei propri sforzi di comunicazione. Un esempio fra tanti: per corredare la recensione dell’attuale mostra di Giorgio Morandi a Palazzo reale a Milano, una sola fotografia è libera. Come se la restrizione non fosse già un danno a discapito di una accurata divulgazione culturale, bisogna comunque richiedere l’autorizzazione all’uso anche per l’immagine gratuita. La risposta arriva in media dopo 15, 30 giorni - tempi assolutamente incompatibili con l’esigenza di far coincidere informazione e attualità. Metti, poi, che si decida egualmente di procedere con un servizio così ridicolo e monco, nel quale si commenta quanto i lettori non possono vedere, e lo si pubblichi prima di ricevere l’assenso scritto - tanto, hanno già comunicato l’utilizzo privo di oneri di quella striminzita operetta. Guai a fidarsi. Ecco la longa manus dell’impiegato indefesso, subito pronto a comminare sanzioni e maggiorazioni per essere usciti prima di aver ricevuto il dovuto benestare. Conclusione? No foto, no articolo. Cari artisti, è arrivato il momento di aprire gli occhi: l’ente che vi dovrebbe tutelare è il primo a togliervi visibilità. Per cosa vi dannate a dipingere e a scolpire dalla mattina alla sera, per cosa avete fatto sacrifici, avete stretto la cinghia nei periodi bui, se non per mostrare i vostri lavori, nella speranza incontrassero il favore di galleristi, critici, direttori di testate giornalistiche e di musei, collezionisti? Fate due conti, controllate se la misera percentuale che la Siae vi riserva per i diritti di riproduzione vale l’oblio a cui vi condanna. Dal canto nostro, con AW ArtMag sono ormai due anni che ci battiamo affinché l’ente monopolistico, le cui norme – va ribadito a gran voce – non sono leggi dello Stato, si metta davvero a salvaguardare gli interessi di autori ed editori. Lo abbiamo fatto con la pubblicazione del Black number (una edizione in cui in segno di protesta le riproduzioni sottoposte a diritti sono oscurate). Lo abbiamo fatto rivolgendoci a Riccardo Nencini, all’epoca Presidente della Commissione cultura del Senato, che ha presentato una interrogazione parlamentare. E lo abbiamo fatto opponendoci al precetto ricevuto dalla Siae, con cui ci richiedeva il pagamento per fotografie apparse in inserzioni pubblicitarie. Con sentenza del tribunale di Lucca del 26 novembre 2023, assistiti dall’avvocato Leonardo Dell’Innocenti e dalla dottoressa Rossella Bruno, studiosa della legislazione sul diritto d’autore, abbiamo vinto la causa. Un primo passo - importantissimo - che rientrerà nella letteratura giuridica. Alcune considerazioni a margine. Iniziativa quantomeno stravagante da parte della Siae se, dopo una lunga e spesso offensiva corrispondenza con cui avanzava nebulose e mai quantificate “proposte di pagamento” a fronte di riproduzioni inserite in articoli, ci abbia fatto causa per quelle inserite in pagine pubblicitarie. Nondimeno, sarebbe interessante sapere se il medesimo trattamento per par condicio sia stato indirizzato anche a tutte le altre pubblicazioni, di settore e non, che presentavano quanto l’addetto definiva “infrazione”. Ulteriore stravaganza, la replica alla sentenza con cui si annuncia ai quattro venti, ma non direttamente a noi, una impugnazione della quale, a oggi, non abbiamo ricevuto comunicazione alcuna. Intanto, un danno ancora più grave e subdolo l’ente, che pure dovrebbe tutelare gli editori, lo ha provocato: una forte contrazione delle inserzioni pubblicitarie. Una testata, a meno di non godere di sovvenzionamenti statali, politici, o provenienti da associazioni filantropiche, a meno di non avere un taglio popolare tale da poter contare sugli introiti derivanti dalle edicole, vive grazie alle sponsorizzazioni degli inserzionisti. E costoro, improvvisamente bersagliati dalla Siae con ulteriori, fino a poco tempo fa inaudite richieste di esborsi di denaro, comprensibilmente, rinunciano a pubblicizzare le loro attività. Non solo su AW ArtMag. Basta sfogliare i periodici del settore per prenderne tristemente atto. Un calo tanto vertiginoso della pubblicità, e quindi di risorse, che obbliga alla chiusura. Cinque riviste dell’Editoriale Giorgio Mondadori da marzo spariranno. Siamo a Caporetto quanto a divulgazione culturale e libertà di informazione. Ma noi a innalzare bandiera bianca proprio non ci stiamo.