Tele cucite, Geografie immaginarie, Libri ordiscono narrazioni che chi guarda ricrea
Maria Lai (1919-2013), “poetessa dell’impalpabile”, nasce a Ulassai, paese minacciato da venti e da frane; un profondo conoscitore delle tradizioni del popolo sardo, Salvatore Cambosu, le insegna il valore di poesia e libertà. “Carica di futuro”, dice, lascia la Sardegna per Roma, e poi Venezia, dove all’Accademia di Belle Arti dal maestro Arturo Martini apprende che l’arte non è oggetto da possedere, ma è come la palla nel gioco del calcio, va passata e lanciata lontano. Ripensando ai rammendi della nonna, scritture che da bambina reinventa, cucendo, scrive. Le storie narrate dai pastori nutrono il suo immaginario artistico, sfiora i terreni dell’arte concettuale e povera, sceglie materiali ricchi di valenze simboliche – tele, fili, corde, stoffe – con i quali forma Tele cucite, Geografie immaginarie, Libri che ordiscono narrazioni che chi guarda ricrea. Con sculture fatte di pane approda alla Biennale del 1978. “L’artista è un essere che sa sognare l’impossibile”.
LA TESSITURA È UN'ARTE ANTICA CHE MARIA LAI
FA RIVIVERE IN QUELLA CONTEMPORANEA
“Capretta ansiosa di precipizi”, come dice suo padre, da bimba fugge su un carrozzone di zingari. E su quel carrozzone, con la fantasia ha continuato a viaggiare sempre. La tessitura è un atto antico, che Maria Lai fa entrare nel mondo dell’arte contemporanea con i suoi Telai che, strumenti millenari, sono ripensati con i fili dell’esistere, nascosti, rotti,
da intrecciare, trame e orditi di relazioni e legami da tessere. Fautrice di un’arte relazionale, coinvolge i suoi compaesani di Ulassai a dar vita a “Legarsi alla montagna” (1981) per attualizzare il senso di una leggenda antica in cui una bambina riesce a salvarsi da una frana correndo dietro a un nastro azzurro. Chilometri di nastri azzurri sono legati insieme per unire casa e casa, al di là dei rancori che dividono gli abitanti, per abbracciare il paese e la montagna sovrastante, l’intera comunità, civiltà e natura, vivi e morti, in un’opera collettiva rivoluzionaria. L’artista deve essere “poeta che porta alla comunità pensieri nuovi, ipotesi di felicità”.
"HO DIETRO DI ME MILLENNI DI SILENZI, DI TENTATIVI DI POESIA,
DI PANI DELLE FESTE, DI FILI DI TELAIO"
L’arte è per tutti, ci si può accostare rassicurati dal suo mantra: “Non importa se non capisci. Segui il ritmo”. Curata da Alberto Salvadori, la mostra alla Galleria milanese M77 fa rivivere il mondo di Maria Lai e gli scatti di Piero Berengo Gardin, con il video di Tonino Casula, sono testimonianze vivide di “Legarsi alla montagna”. L’arte di Maria Lai è gioco che annoda memoria, mito e manualità, mette insieme visibile e invisibile, ieri e oggi: “ho dietro di me millenni di silenzi, di tentativi di poesia, di pani delle feste, di fili di telaio”.