Nel '47, fa parte del gruppo Forma 1. Il suo scopo è rappresentare l'impulso vitale che è nel mondo Carla
Accardi (1924-2014), alla quale il Museo del Novecento di Milano dedica la prima retrospettiva in un’istituzione pubblica fino al 27 giugno, è pittrice che, tra le prime, raggiunge fama internazionale. La mostra, a cura di Maria Grazia Messina, Anna Maria Montaldo e Giorgia Gastaldon, vuole restituire dell’artista un’immagine a tutto tondo. Stabilitasi a Roma dopo gli studi d’arte a Palermo, entra nei territori della creatività astratta, costituendo nel 1947, con Turcato, Attardi, Consagra, Dorazio, Perilli e Sanfilippo, il gruppo Forma 1. Il campo artistico è allora inaccessibile alle più: «L’arte è sempre stata il reame dell’uomo», afferma. Diventa attivista per i diritti delle donne, con Carla Lonzi (1931-1982), critica d’arte, e con la giornalista Elvira Banotti (1933-2014); nel 1970 dà vita a un movimento di emancipazione, la cui carica doveva essere esplosiva per farsi notare, e sarà Rivolta femminile a chiamare il popolo delle donne all’autoanalisi, a riconoscere e mettere in campo meccanismi, desideri e sfumature caratteristiche della tavolozza fisica, mentale e spirituale dell’altra metà del cielo. La società del tempo ne sarà fortemente scossa e mutata. Avendo come numi tutelari Kandinskij, Klee e Mondrian, Accardi brandisce il pennello contro la figurazione. Lo scopo è «rappresentare l’impulso vitale che è nel mondo».
L'arte, come la musica, deve saper trasmettere scintille di spiritualità
I lavori dei primi anni sono Scomposizioni, segni essenziali che si fanno sempre più strutturali e rompono l’impianto geometrico per divenire esplosioni segniche bianche, nere, grigie con qualche variazione sul rosso e sul blu. Nel 1964 una sala personale alla Biennale di Venezia consacrerà Accardi sulla scena artistica internazionale. Le pennellate degli anni Sessanta costruiscono criptiche scritture, linguaggi ermetici che progressivamente daranno vita a forme spaziali realizzate con luminose vernici fluorescenti, non su tela, ma su fogli di plastica trasparente. In seguito, strutture percorribili vanno a interagire con l’ambiente e con chi guarda: Tenda (1965), Ambiente arancio (1966-1968). «Il colore è forza… Non mi interessa il colore per la sua capacità di procurare piacere al senso della vista, ma per la potenza e la capacità di procurare degli stimoli». Dagli anni ’80, Accardi crea, con pittura su tela grezza, grandi mappe in cui si moltiplicano progressioni segniche. Opere dai titoli poeticamente evocativi: Innumeri dal mare, Verde senza tregua, Malgrado gli sguardi, Nelle ombre sui muri; tutte astratte, «L’arte può e deve essere come la musica», e, come la musica, deve saper trasmettere scintille di spiritualità.
Carla Accardi
Contesti
Museo del Novecento
Milano
A cura di
Maria Grazia Messina
Anna Maria Montaldo
Giorgia Gastaldon
Fino al 27/06