L’antologica ripercorre l’intera carriera dell’artista multimediale
L’arte totale teorizzata da Wagner era musica e immagini, le avanguardie artistiche l’hanno trasferita nella vita, e la musica del XX secolo, dal jazz al rock, l’ha proiettata nella coscienza collettiva contemporanea. Un musicista oggi è un artista non solo perché suona ma perché costruisce la propria immagine come quella di un’opera d’arte.
NEL '79 FONDA THE BACHELORS ASSIEME AL CHITARRISTA KURT HENRY
E PRODUCE CONCERTI CON INFLUENZE ISPIRATE A FLUXUS
Christian Marclay, artista svizzero ed americano, incarna dagli anni ‘70 questa metamorfosi dell’arte, intuendone le potenzialità ed ispirandosi al lessico dell’industria musicale del XX secolo: musica, certamente, ma anche strumenti, confezioni, grafica, pubblicità, prodotti derivati. Il Centro Pompidou espone, fino al 27 febbraio, una mostra dedicata alla sua opera, attraverso un’antologica che ripercorre la carriera dell’artista.
Nato nel 1955 a San Rafael in California, da madre americana e padre svizzero, Christian Marclay comincia dal 1977 a interessarsi alla scena della musica sperimentale di New York, alla no wave, organizzando performance post-concettuali in cui musica e azione costruiscono l’opera d’arte. Nel 1979 fonda con il chitarrista Kurt Henry il duo The Bachelors, producendosi in concerti con influenze visive ispirate a fluxus. Christian Marclay è tra i pionieri delle opere multimediali, utilizzando i dischi in vinile, i giradischi, le musicassette e i video come strumenti di realizzazione artistica.
UTILIZZA DISCHI IN VINILE, GIRADISCHI, MUSICASSETTE E VIDEO
Posta sotto il segno del collage e del montaggio, la sua opera si è estesa nel tempo a tutte le arti visive: assemblaggi di oggetti, installazioni, fotografie, stampe, pitture, video, in un insieme aperto dove s’impone la dimensione uditiva, che sia esplicita o silenziosamente evocata. Artista della riproduzione, della costruzione e decostruzione percettiva, Christian Marclay s’ispira al repertorio visivo e sonoro della cultura popolare, strutturando un mondo dominato dai temi cari alla società postindustriale. La sua opera è erede di John Cage e di Andy Warhol, dei fumetti e dell’estetica rock e punk. La mostra presenta le principali installazioni dell’artista: dai classici Guitar Drag (2000), dove violenza e distruzione si tingono di commenti politici, a Video Quartet (2002), quattro proiezioni simultanee omaggio alla musica e al cinema, alle più recenti Surround Sound (2014-2015), costruita con le onomatopee dei manga, All Together (2018), realizzata con le snapchat e presentata sugli smartphone, e Subtitled (2019), che combina silenziosamente i sottotitoli di molteplici film. Fino a Doors, un’installazione concepita per la mostra, assemblaggio di fotografie, copertine di dischi, strumenti musicali modificati, stampe, collage e pitture che costituiscono un tessuto polimorfico, corale, riassunto della poetica dell’artista.