Afferrare il vuoto

25 Agosto 2021

Monte Carlo • Alberto Giacometti al Grimaldi Forum

230 le opere in mostra, tra sculture, dipinti e stampe. In esposizione, anche La donna cucchiaio, L’uomo che cammina e il Grande nudo femminile

Alberto Giacometti (1901-1966) nasce all’alba del nuovo secolo, figlio d’arte, suo padre Giovanni è un pittore post impressionista. A vent’anni si trasferisce a Parigi e studia con Émile Antoine Bourdelle, allievo di Rodin. Presto si rende conto che per lui fare scultura è ben diverso dal riprodurre la realtà per quello che appare, pensiero che lo avvicina al movimento surrealista, di cui entra a far parte nel 1928, staccandosi subito per iniziare una ricerca in rigoroso isolamento. La sua è sperimentazione ossessiva e continua alla ricerca di decifrare l’umano: “ogni scultura o pittura è un lungo esercizio per tentare di conoscere quello che vedo”.

Ritrae spesso le stesse persone – il fratello Diego, la madre, la sorella Ottilia, la moglie Annette, la sua amata degli ultimi anni, Caroline , tenta di mettere a nudo ciò che esiste oltre ogni apparenza. Nessuno psicologismo, isolando il soggetto e sfaccettando, scavando, manipolando, assottiglia la forma all’estremo: “levare, levare materia e mentre lo faccio ho l’impressione di dover ancora togliere”, fare e distruggere, lasciare, riprendere, ogni giorno tutto ricomincia da capo, abbandona spesso ciò che fa, mai soddisfatto del risultato ottenuto, che ritiene sempre “non finito”.

Vita e morte si equilibrano nella verticalità immota di sculture che sembrano reperti archeologici

Escono dalle sue mani opere filiformi, tese, dense, fragili e resistenti, teste che si assottigliano come lame, figure di donne in cui vita e morte si equilibrano in una verticalità immota, sculture che sembrano reperti archeologici, dipinti che hanno la forza di idoli, modelli atemporali dell’umano, come nell’arte egizia o etrusca. Le opere risultano specchi della crisi esistenzialista del ‘900, con le amare, indelebili tracce che due guerre mondiali lasciano sull’umanità ferita: “Io faccio pittura e scultura per mordere nella realtà, per difendermi, per nutrirmi”.

Emilie Bouvard, a Montecarlo, con 230 opere della Fondazione Giacometti, della quale è direttrice scientifica, realizza, attraverso sculture, dipinti e stampe, una grande retrospettiva, allestita al Grimaldi Forum. Il percorso si articola come una partitura, con un prologo a cui segue lo sviluppo dei temi con variazioni, volto a restituire lo spirito dell’artista e l’atmosfera del suo atelier. Figure femminili di gesso, ieratiche come divinità preistoriche, La donna cucchiaio (1927) e la donna le cui mani tengono il vuoto (1934-1935) aprono la mostra, e L’uomo che cammina (1960) e il Grande nudo femminile la chiudono.

Nel mezzo, l’arco creativo di tutta una vita dedita a cercare “d’afferrare nel vuoto il filo bianco, invisibile del meraviglioso”.

 

Alberto Giacometti

A retrospective Marvellous reality

Monte Carlo Grimaldi Forum

Fino al 29/08

L'Autore

17 Post

Figlia di collezionisti, occuparsi di arte è stato fluire naturale della passione verso una direzione magnetica. È attratta da tutti i sud del mondo, dal mare e dal cioccolato fondente. Osa, a volte, scattare fotografie. Da cittadina ha scoperto la campagna, generosa fonte di meraviglia. Ama le parole, la lettura e la scrittura, avventure sorelle, e, da accanita idealista, è sempre alla ricerca di nuovi sentieri della mente e dello spirito da sondare, come di gusti da provare. Gli esseri umani, la musica e la bellezza entusiasmano i suoi giorni. Curatrice di mostre, ha scritto su riviste diverse in Italia e all'estero, è felice e onorata di essere nel cast di AW ArtMag sin dalla sua prima uscita. Sempre alla ricerca di un motto, che fatalmente cambia nel dinamismo della vita, trova la sua verità in «per foco sempre».

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