I Grandi Collezionisti - Delon, quella irresistibile voglia di vivere e collezionare 

Una passione infinita, un amore per l’arte che ha rivaleggiato con quello per il cinema, costruendo una collezione probabilmente irripetibile. Alain Delon, scomparso da poche settimane, lascia una scia di storie, aneddoti, emozioni che hanno contribuito a costruire il mito delle grandi case d’asta. Il suo primo acquisto fu nel 1969 quando spese 700mila franchi per un raro disegno di Albrecht Durer. Allora, fu uno dei fogli più pagati al mondo. Un coleottero monogrammato AD, le sue stesse iniziali che diventeranno poi il logo della sua collezione. Ma si capì fin dagli esordi che quella passione non avrebbe avuto limiti. Così, dagli antichi maestri si passò agli impressionisti francesi e, successivamente, al fauvismo e alla scultura animalier. Fu, in questo senso, sicuramente il più grande appassionato di Rembrandt Bugatti, nipote di Giovanni Segantini, fratello di Ettore, il fondatore della famosa scuderia automobilistica. Una passione solitaria, coltivata in silenzio, costruita sapientemente, giorno dopo giorno, teso com’era a realizzare la più grande, straordinaria raccolta dello scultore italiano. Mitici i suoi acquisti, mitiche le sue vendite realizzate, con gli anni, per evitare problemi legati all’ eredità dei figli. Il coleottero di Durer, col tempo,  raddoppiò le stime e, più recentemente, un Raul Dufy (“La plage de Sainte- Adresse, 1906)  ha superato il milione di euro ma si registrarono anche esiti eccellenti per Eugene Delacroix, Corot, Millet e poi Hartung, Dubuffet, Alechinsky. Solo in quell’incanto, oltre 9 milioni di euro. Ma le aste in cui ha disperso il suo patrimonio furono tante, così come le sue passioni. Anche le auto furono per lui una grande sirena, Ferrari e Lancia su tutte. Nella sua scuderia c’erano autentici trofei: la Ferrari 250 GT California Spider, la Lancia Stratos, La Rolls Royce Phantom II del 1931, realtà che hanno segnato un’epoca. Poi, i segreti dei grandi vini di annate particolarissime che era tra i pochi a possedere (Chateau Lafitte, Cheval Blanc, Chateau Latour). E, infine, le armi. Uno straordinario arsenale. Circa 72 armi da fuoco che, in questi ultimi anni, perà, gli furono sequestrate per l’assenza di specifiche autorizzazioni. 
Ogni tanto qualche giornalista gli chiedeva qual era il filo logico che univa tutte queste passioni. Sorridendo, Alain Delon rispondeva: “C’est moi”. Lui come espressione del gusto, come legame di ogni inclinazione, dei labirinti di un’arte vissuta come specchio della propria vita. Supporto di un’inconciliabile e irrefrenabile voglia di vivere.

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Custodisce mille interessi. Giornalista, saggista, medico chirurgo plurispecialista, ma soprattutto napoletano, il mestiere forse più difficile e complesso. Ama la vivacità culturale, le tesi in penombra, la scrittura raffinata e ribelle. Ma ama anche la genialità del calcio e la creatività dell’arte. Crea le sue rubriche settimanali su alcuni quotidiani nazionali muovendosi sul pentagramma del costume, dei new-media, della cronaca. È stato più volte senatore e parlamentare della Repubblica perché era affascinato da quella battaglia delle idee che oggi sembra, apparentemente, scolorirsi.

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