A Pozzuoli, il gruppo scultoreo elaborato da Aulo Pedicini alla metà degli anni Ottanta, per i nuovi lavori di adeguamento che stanno investendo il presidio ospedaliero di Santa Maria Delle Grazie, rischia lo smantellamento.
L’opera realizzata nell’atrio del complesso sanitario procede, nei suoi tre metri di altezza, per ben nove metri di lunghezza lineare e reca già visibili i primi segni del tentativo di rimozione e di diroccamento. L’intervento – incauto - non ha, sinora, fortunatamente riguardato le figure principali dell’imponente bassorilievo.
Presente a Pozzuoli da prima che i lavori dell’intero ospedale fossero ultimati, per ben quattro decenni la grande scultura di Pedicini ha rappresentato uno degli elementi che in virtù della sua stessa collocazione, hanno segnato l’identità sociale dell’area flegrea. L’opera in cemento e multicrom, ancorata alla struttura portante dell’edificio, fu composta, per somma di parti - Gioco, Amore nudo, Il Grande ventre, Giovane maternità e Inpaccottage – dall’artista in otto mesi di febbrile lavoro, nell’ambizione di voler celebrare anche nel luogo di cura puteolano la vita, la speranza e l’umanità.
Nelle settimane passate, né la Direzione della struttura ospedaliera, né l’Asl Napoli 2 Nord hanno ritenuto necessario produrre una qualche comunicazione con l’artista utile a determinare un intervento di messa in sicurezza dell’opera o a predisporre l’ipotesi di un trasferimento della stessa in un altro luogo del plesso ospedaliero. Solo l’interessamento degli uffici della Presidenza della Regione Campania, anche in seguito ad un appello che trova tra i suoi sottoscrittori importanti figure del panorama artistico, culturale e accademico, ha per il momento bloccato la frantumazione del gruppo scultoreo di Pedicini.
Recentemente, dopo l’ultima personale - Annerite scaglie (2023) - l’artista è stato accolto con l’opera Demetra Madre e Natura nella collezione del Museo Archeologico Nazionale di Napoli mentre, con la Federico II a muovere l’indagine verso l’essenza della sua pratica scultorea e con l’Università Suor Orsola Benincasa ad attenzionare le azioni performative dell’artista rivolte al sociale; attorno alla ricerca di Pedicini va confermandosi una rilevante attenzione del mondo accademico napoletano.
Se gli anni Sessanta hanno segnato le produzioni di Pedicini con uno stile immediato ed informale, nel decennio successivo - dove partecipa alla Quadriennale di Roma (1975), alla XXXVII Biennale d’arte di Venezia (1976) e al Festival Dada di Los Angeles (1979) - la pratica scultorea dell’artista campano indaga il consumo, l’oggetto, lo scarto e la sua possibilità assemblativa. In quegli stessi anni, Pedicini si definisce anche attraverso performance di grande impatto come quella de Il Malato che, tra le azioni del collettivo artistico A/Social Group, fu realizzata presso l’Ospedale Psichiatrico Frullone di Napoli e successivamente presentata a Venezia in occasione della Biennale.
Col tempo l’artista, nella nobiltà del bronzo, recupererà l’idea della pratica scultorea di grande dimensione e come nel grande bassorilievo dell’Ospedale di Pozzuoli, saranno i corpi femminili ad accogliere classicità lirica e suggestioni metafisiche.
Come anche per altre opere di Pedicini, il pannello scultoreo puteolano muove nella sua fase generativa dalla cattura del reale. In questo episodio ad esempio, l’artista lascia filtrare il senso della Giovane maternità dal calco che esegue sul corpo di Mena – sua musa, moglie e compagna di vita – collegandolo idealmente ad altre opere fondamentali del suo lungo percorso di produzione.
Nell’attesa di necessari sviluppi, non resta che ipotizzare la possibilità di un trasferimento dell’intero gruppo scultoreo se non all’interno della stessa struttura ospedaliera, in un altro luogo anche lontano da Pozzuoli, dove l’opera, ad ormai quarant'anni dalla sua prima installazione, possa trovare attraverso gli occhi di chi guarda, nuova vita.