Parigi • Al museo Maillol è di scena l'iperrealismo
Tema della rassegna: indagare che cosa si celi della realtà dietro a delle forme realistiche
In questo inizio di millennio, dopo il mare magnum creativo del’900, ci si potrebbe chiedere se la nuova rivoluzione artistica non sia tornare a un realismo virtuoso, lirico, lontano dagli intellettualismi che hanno spazzato via il naturalismo dell’arte occidentale. La scultura in particolare ha da sempre rappresentato questo legame con la realtà, in un lungo percorso interrotto unicamente nel medioevo e dalle avanguardie artistiche. La mostra “Hyperréalisme. Ceci n’est pas un corps”, al Museo Maillol fino al 5 marzo, riflette su questo tema, chiedendo cosa si celi della realtà dietro a delle forme realistiche. Ceci n’est pas un corps, frase presa in prestito dalla Trahison des images di Magritte, sembra suggerire che più cerchiamo di rappresentare la realtà, più ce ne allontaniamo. Una quarantina di opere organizzate in sei sezioni ricostruiscono le forme di rappresentazione del corpo umano, nell’alternanza tra realismo, mimesi, simbolismo ed espressionismo che, da sempre, governa la produzione artistica, fino ad arrivare all’iperrealismo come poetica. Le opere selezionate, concentrate sulla statuaria, ripercorrono la storia di questa corrente derivata dalla pop art, dai suoi albori negli anni ‘60, proponendo una rappresentazione iperrealistica del corpo umano nella società contemporanea e ripudiando le ricerche astratte delle neoavanguardie di quegli anni.
IL TITOLO "CECI N'EST PAS UN CORPS" SEMBRA SUGGERIRE
CHE PIÙ CERCHIAMO DI RAPPRESENTARE LA REALTÀ PIÙ CE NE ALLONTANIAMO
Una corrente che emerge negli Stati uniti, dove Duane Hanson e John De Andrea cominciano a dipingere la superficie delle sculture, riproducendo la pelle umana e combinando le figure con oggetti reali. Daniel Firman crea dei personaggi anonimi che nascondono il viso nei vestiti. George Segal realizza delle sculture monocrome, concentrandosi sulle forme e i contorni dei corpi. Carole A. Feuerman le riduce a semplici torsi. La generazione successiva di artisti quali Maurizio Cattelan, Ron Mueck, Sam Jinks, Jamie Salmon e Fabien Mérelle proseguono questo linguaggio, fondendolo con le rispettive poetiche, lavorando per frammenti di corpi o sulle loro dimensioni. Fino alle opere di Patricia Piccinini, che deforma il corpo in creature umanoidi ibride, o quelle di Berlinde De Bruyckere, che rivelano la vulnerabilità dell’uomo attraverso corpi lacerati dal dolore. Proporre questa mostra al Museo Maillol, in dialogo con le sculture del maestro francese, permette d’inscrivere il movimento iperrealista nella storia della scultura e di confrontare i diversi approcci della rappresentazione del corpo. “Non basta avere un modello e copiarlo,” ci diceva Aristide Maillol. “Senza dubbio la natura è la base del lavoro, ma l’arte non consiste a copiare la natura”. In fondo già gli antichi greci la pensavano così.
Hyperréalisme.
Ceci n’est pas un corps
Parigi, Museo Maillol
Fino al 5/03