Forlì: nei Musei San Domenico la più imponente mostra per i 700 anni dalla morte di Dante
Raccolte oltre 300 opere dal '200 al '900. Un percorso che va da Michelangelo, Tintoretto, Guido Reni a Casorati, Boccioni, Fontana, tra gli altri
Settecento anni dalla morte di Dante. La poesia chiama, l’Italia risponde.
Non solo Firenze, ma anche Verona, Forlì e Ravenna, luoghi-simbolo nella biografia dantesca, vibrano all’unisono in una straordinaria celebrazione collettiva del mito di Dante Alighieri. A Firenze e Ravenna, che del poeta furono culla e sepolcro, sbocciano magnifici percorsi di rilettura critica, ma è Forlì la grande protagonista quest’anno, con la mostra più importante: “Dante. La visione dell’arte”, allestita nei Musei San Domenico fino all’11 luglio 2021.
Una scelta che esprime la volontà di valorizzare una città tanto Dantesca quanto lo sono le altre: geograficamente strategica, a metà strada fra Firenze e Ravenna, e famigliare poiché accolse spesso il poeta in fuga dal 1301. Più che una semplice mostra, “Dante. La visione dell’arte” è un progetto espositivo monumentale nato da un’idea di Eike Schmidt, direttore delle Gallerie degli Uffizi, e di Gianfranco Brunelli, direttore della Fondazione cassa dei risparmi di Forlì, affiancati dalla luminosa curatela di Fernando Mazzocca e Antonio Paolucci.
Il potere biunivoco dell’allegoria nel linguaggio poetico di Dante e nell’arte figurativa è il fil rouge della mostra che riunisce circa 300 opere fra dipinti, sculture, disegni, illustrazioni e manoscritti selezionati in un arco di tempo che va dal ‘200 al ‘900. Artisti come Cimabue, Giotto, Beato Angelico e poi Michelangelo, Lotto, Tintoretto, Guido Reni e Andrea del Castagno si alternano alla grande pittura ottocentesca di Ingres ai preraffaelliti e ai macchiaioli, fino alle avanguardie del ‘900 con Picasso, Casorati, Fontana, Boccioni.
Le 18 sezioni che scandiscono la mostra variano dalla raffigurazione di passi della Divina Commedia, o di singoli personaggi ed episodi provenienti dalla mitologia dantesca, a tematiche care a Dante, in primis l’amore e la religione come forze motrici della sua intera opera. Così in apertura troviamo alcuni celebri Giudizi Finali, da Beato Angelico a Guido Da Siena, mentre ai maestri coevi del Gotico Dante dedica alcuni versi nel canto XI del Purgatorio: “Credette Cimabue ne la pittura / tener lo campo, e ora ha Giotto il grido, / sì che la fama di colui è scura”.
Di Henry James Holiday è il ritratto del Sommo con la sua tipica fisionomia aspramente caratterizzante, e a Niccola Monti si deve L’incontro di Paolo e Francesca divenuto un modello per i posteri e ripreso nell’800 da Ary Scheffer. Altrove, la pittura preraffaellita di Dante Gabriel Rossetti coglie Il saluto di Beatrice, figura-chiave e metafora del percorso spirituale che accompagnò Dante per tutta la vita, dalla “Vita Nuova” al “Convivio” fino alla “Divina Commedia”, sublimandosi infine nel raggiungimento della beatitudine di Dio: “Veramente a così alto sospetto non ti fermar, se quella nol ti dice che lume fia tra ‘l vero e lo ‘ntelletto./ Non so se ‘ntendi: io dico di Beatrice.”