Il punto su uno dei massimi esponenti dell’arte programmata
Vuoi per il carattere, vuoi per le origini piemontesi, Claudio Rotta Loria è un artista che, pur con una longevità creativa nell’arte programmata iniziata oltre 50 anni fa, si è sempre tenuto volontariamente ai margini dello showbiz. Defilato, ha intrapreso una strada appartata e silenziosa fatta di una propria ricerca sulle interferenze della luce nei campi spaziali. Rotta Loria, anche per motivazioni anagrafiche, agli inizi subisce inevitabilmente le influenze cinetiche e optical, dalle quali si lascia solo lambire, senza farsi trascinare, stabilendo le linee guida del suo lavoro, ossia «penetrare all’interno, scandagliare nel profondo i sistemi che regolano e sostengono l’incontro della luce con i campi spaziali, anche quelli più intimi, (...) per riuscire (...) a fissare (...) il momento in cui la luce si materializza e diventa un tracciato e un vettore, una componente strutturale e uno spazio vitale» (Giovanni Granzotto).
SI È SEMPRE TENUTO AI MARGINI DELLO SHOWBIZ
IN UNA RICERCA SOLITARIA PER INTEGRARE ARTE E SCIENZA
Per celebrare i 55 anni di carriera all’inizio del prossimo anno, dal 14 gennaio al 28 febbraio 2021, nel Complesso monumentale di San Salvatore in Lauro a Roma è in programma un’importante retrospettiva che, oltre a fare il punto sull’evoluzione di uno dei più rilevanti esponenti dell’arte programmata italiana, ne metterà a confronto il lavoro con quello di un altro grande Maestro del genere, l’americano Gilbert Hsiao. A raccontare il viaggio di Rotta Loria ci saranno 30 opere, dagli anni ‘80 a oggi, con un focus sulle Superfici a Interferenza luminosa del 1996, ma anche quelle (con un ordito sempre più fitto e sostenuto) degli ultimi anni.
NELLE SUE OPERE IMPULSI PERCETTIVI TRAVALICANO SEMPRE LA VISIONE
In questo appuntamento romano dialogheranno fra loro le vibrazioni luministiche che percorrono, attraversano, sollecitano e confondono le superfici dei campi spaziali di Rotta Loria, con le sciabolate di luce e/o colore che costruiscono plasticamente, in una straniante dimensione percettiva, la nutrita famiglia delle epifanie formali di Gilbert Hsiao; in una specie di incessante susseguirsi di richiami fra la seconda e la terza dimensione.
Rotta Loria ha sempre reinventato lo spazio pittorico attraverso pochi, all’apparenza semplici, interventi; ama giocare sulle minime superfici – dove il minimalismo ha poco a che fare con la minimal art degli anni ‘60 e molto con la levità di un sollevamento appena accennato dei piani – portando avanti un lavoro di indagine sui rapporti tra la luce e la superficie stessa che lo porta a impadronirsi dei segreti della forma virtuale, intesa come vibrazione plastica.
APPUNTAMENTO A GENNAIO A ROMA
AL COMPLESSO MONUMENTALE DI SAN SALVATORE IN LAURO
La sua ricerca si dipana in cicli di opere fra loro collegati e in costante divenire sperimentale, che mantiene nel tempo il carattere unitario di un progetto totale attraversato da un costante processo di sintesi e dallo sforzo di integrare tra loro i linguaggi dell’arte e della scienza, tenendo da un lato la strutturalità visuale e dall’altro il valore poetico
della geometria. Il discorso vale anche quando il suo lavoro, in particolare negli anni ’80 e ‘90, si indirizza verso le grandi installazioni permanenti. Ovunque si muova, pure in nuove spazialità, Rotta Loria infatti, come sostiene Giovanni Granzotto, «continua a portarsi dietro (...) geometrie leggere e stimolazioni e impulsi percettivi che travalicano sempre la visione per affidarci messaggi evocativi e subliminali».