Il racconto si dipana in un ritmo incalzante di flashback, tra ricordi di un passato misterioso e un presente enigmatico
Alcuni ricordi sbiadiscono, altri si rinforzano, quasi consacrandosi nel tempo. Lo sa bene Corrado, il protagonista di questo romanzo, che decide di ripercorrere i suoi passi obliterati da una lunga assenza. “Senza Ritanna”, il titolo, evidenzia questo vuoto lasciato da una storia lontana, bruscamente interrotta, a cui l’uomo, provato dagli acciacchi dell’età avanzata ma risoluto ed enigmatico, rimane legato da un potente filo narrativo. Così, un fermaglio d’argento a forma di farfalla, ritrovato per caso dopo tanto tempo può conservare la sua potenza evocativa intrecciandosi al mistero di un passato burrascoso. “Quando sei giovane, non hai né voglia né tempo di star dietro ai ricordi. Anzi, spesso non sai nemmeno di averli”, afferma il protagonista in un susseguirsi di flashback permeati da sentori, segreti e superstizioni della vita rurale, non sempre rassicuranti, integrati alla freschezza del confronto generazionale con la giovane e spensierata Margherita, nipote di Ritanna. Nel cuore di una grande cascina prende forma il tema dell’infanzia, dei luoghi ritrovati, punteggiato da descrizioni preziose della campagna, delle sue leggi e dei suoi angoli reconditi che rimandano a certe pagine di Pavese. L’elemento dell’acqua, pregnante nelle risaie e negli stagni, oscilla tra il neorealismo e il magico, alla riscoperta nostalgica di angoli di impolverata bellezza su cui lo sguardo dell’autore si posa con un registro delicato e con un linguaggio elegante. Una nota di sarcasmo si sposa bene con lo stile scorrevole e brillante di Silvano Costanzo, storico giornalista de La Stampa, scrittore, artista e fondatore del centro culturale torinese Spaziobianco dove organizza mostre di respiro internazionale, concerti e spettacoli. Il trasporto non abbandona mai il lettore, rapito dal ritmo incalzante che concede via via particolari insospettabili, fino al colpo di scena finale.