L’artista britannica ha fatto della ripetizione il tratto più distintivo della sua arte
“I’m repeating myself”. “Mi sto ripetendo”: difficile che un artista ammetta con tanto candore quanto la ripetitività faccia parte della propria pratica. Soprattutto in un’epoca in cui la riconoscibilità di uno stile è tanto determinante per le fortune di un’opera e di un’intera carriera. Scenario, questo, centrale nella produzione artistica contemporanea e accelerato da internet, dove l’offerta visiva è talmente alta che distinguersi dalla massa diventa ancora più importante. Una volta trovata la via del successo, difficile discostarsene. L’artista tende a ripetersi per il resto della sua carriera, con opere che tutt’al più sembrano discrete variazione di un medesimo stile.
LA RIPETIZIONE DIVENTA RIPROPOSIZIONE, ALLO STESSO TEMPO APPROPRIAZIONE DELL'OPERA ALTRUI E RIELABORAZIONE PERSONALE
L’ammissione – quasi l’autodenuncia – di Cecily Brown in occasione della sua grande retrospettiva newyorkese al MET (“Cecily Brown: Death and the Maid”, fino al 3 dicembre) è tanto più interessante perché dimostra quanto una pratica diffusa, rivelatrice dello spirito del tempo, possa diventare tanto centrale, consapevole e fruttuosa. L’artista britannica, infatti, ha forse fatto della ripetizione il tratto più distintivo delle sue pennellate così materiche e precise. Ripetizione come copia, infatti, attraverso la rielaborazione dei capolavori dei grandi maestri, come El Greco e Bruegel. La riproposizione diventa così allo stesso tempo appropriazione dell’opera altrui e rielaborazione – un misto di cancellazione e riproposizione –, attraverso l’adattamento dell’opera al proprio stile. Ma lo stile stesso è ripetitivo, in almeno due sensi. Sul primo si è già detto: la ripetitività come uno dei tratti più distintivi della pratica artistica moderna e contemporanea.
GUARDA AI GRANDI MAESTRI COME EL GRECO E BRUEGEL IN UN MISTO DI CANCELLAZIONE E ADATTAMENTO AL PROPRIO STILE
Il secondo riguarda la forgiatura dello stile come riproposizione della lezione dei grandi maestri dell’espressionismo astratto, Pollock e De Kooning. L’esito sembra quasi scontato, ma la semplicità è un’illusione che solo i veri artisti e i grandi prestigiatori riescono a produrre: la figurazione dell’opera originale incontra l’astrazione attraverso stratificazioni di tempera di una grana molto densa. Densa come dev’essere la grana del tempo. Densa come dev’essere la grana della memoria.
FRA I TEMI PIÙ FREQUENTATI QUELLO DEL MEMENTO MORI
Non stupisce che uno dei temi più frequentati da Cecily Brown sia quello – quanto di più classico? – del Memento mori. La memoria, il ricordo, cosa sono infatti se non ripetizione? Ripetizione, ma anche riproposizione, stratificazione di ricordi aleatori come pennellate. In un certo senso falsificazione, perché non esiste memoria depurata del vissuto di chi rammemora. L’assenza di originalità come lavorio del tempo riconduce la pratica artistica all’appropriazione di memorie altrui, ed è forse questa la materia di cui sono fatti davvero i sogni.