Quelle seducenti Sculture Zen - Nove grandi sculture di Kan Yasuda alla Terrazza di Viareggio

Emblematiche presenze in bronzo, queste sculture resteranno in esposizione fino al 2024

Chi arriva in treno a Pietrasanta incontra fuori dalla stazione un' imponente scultura in candido marmo: un blocco delicatamente arcuato e accuratamente levigato, caratterizzato e risolto da un amplissimo foro centrale: una misteriosa finestra inserita in un contrapposto concetto di fuori e di dentro, un'interrogazione da rivolgere a chi giunge, a chi parte e a chi si sofferma in calamitata ammirazione.

CREAZIONI DALLA STUDIATA ARMONIA CHE EMANANO UN PROFONDO MISTERO

Si tratta di un'opera dello scultore giapponese Kan Yasuda, intitolata non a caso "Chiave del Sogno," che traduce perfettamente un suo ricorrente credo: "L'energia delle sculture echeggerà perfettamente con la magia del luogo fino a sublimarsi insieme." E tale concetto si sposa sia al marmo di Carrara, che il nostro autore lavora ormai da moltissimi anni, sia al bronzo che ripropone le medesime seduzioni visive e tattili; un concetto da trasferire al fascino percettivo che coinvolge le persone e gli ambienti "contaminati" da tali emblematiche presenze. Infatti la sua non è una scultura di mera contemplazione ma è un oracolo da interrogare per ottenere risposte o per suscitare ulteriori domande relative a ricorrenti quesiti esistenziali.

LO SPIRITO ZEN LO INDUCE A MODELLARE UN CENTRO DI PUREZZA INTORNO A CUI TUTTO RUOTA

Ora nove sue grandi opere in bronzo scandiscono a Viareggio la Terrazza della Repubblica come rinnovabili momenti di sosta e di interrogazione per chi transita ed è obbligato a chiedersi il perché di simili forme che sembrano scaturite da un altro mondo e da un tempo non misurabile col metro comune delle cose. Quando agli inizi degli anni '70 Yasuda, nato nel 1945 a Bibai nell'isola di Hokkaido, è giunto a Pietrasanta ha portato con sé quello spirito zen che lo lega indissolubilmente alla terra natale e che lo induce a modellare e a modulare un centro di purezza intorno a cui tutto ruota. Così appaiono queste creazioni che non sono lo specchio di una realtà visibile ma inducono la gente a riconoscersi nella loro studiata armonia, nel loro profondo mistero, nella loro intrinseca e inarrivabile leggerezza. Non a caso Bruno Munari (nostro maestro minimalista, capace di far scaturire capolavori da una semplice intuizione formale) in occasione della sua prima mostra italiana a Milano nel 1991 aveva affermato che le sue opere non contenevano nulla ma rappresentavano il tutto. E Fred Licht aveva ribadito nel 2007, a corredo della personale di Yasuda ai Mercati di Traiano di Roma: "Le sue sculture richiedono qualcosa che va oltre il senso della vista o il senso del tatto, oltre l'intelligenza critica. Ci domandano di assorbirle, di ricrearle nella nostra memoria."

PER BRUNO MUNARI, QUESTI LAVORI NON CONTENGONO NULLA MA RAPPRESENTANO IL TUTTO

Se indaghiamo ora il tragitto espositivo che, in varia misura, caratterizzerà questo ambiente versiliese fino all'estate del prossimo anno, possiamo cercare di entrare, con il dovuto stato d'animo, nello spirito suggerito da simili opere. E ci accorgiamo che può nascere un magico colloquio di straordinaria complicità. Infatti se "Myomu" ripropone quell'alternanza di vuoto e di pieno che si ritrova nella menzionata e ideale gemella esibita nel marmo a Pietrasanta, una insinuante sospensione interrogativa accompagna "Kaiman" e "Seitan." E nel loro ricercato ritmo espositivo si snodano le altre forme in mostra suscitate da una ancestrale armonia che coinvolge gesti e pensieri. Questo seducente racconto non conosce d'altronde un inizio e una fine, ma si rinnova a ogni transito e a ogni sguardo.
 

L'Autore

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È nato a Genova e vive a Pegli con uno sguardo ai monti e uno al mare dal cui contrasto nasce l’ispirazione. Si occupa d’arte contemporanea da più di quarant’anni avendo avuto la fortuna di conoscere e di frequentare importanti artisti come Enrico Baj, Arnaldo Pomodoro e  Fernando Botero, tanto per citarne alcuni, cercando di indagare l’intima motivazione del loro gesto creativo da riversare nei testi di presentazione di mostre in spazi pubblici e privati italiani e stranieri. Dice che è stata pure una fortuna incontrare il direttore che ormai da diversi lustri accoglie e pubblica i suoi articoli.

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