Venezia - Il grande tributo della città a Virgilio Guidi
In tre sedi espositive si ripercorre l’intera produzione del Maestro
La mostra veneziana di Virgilio Guidi (1891-1984) è piacevole e suggestiva scoperta di un artista dalla ricca e poliedrica produzione, ingiustamente trascurato, che da anni meritava l’omaggio che Venezia oggi gli tributa grazie alla collaborazione della Fondazione Bevilacqua La Masa con lo Studio d’Arte GR. “Un uomo immerso nell’aria, nella terra e nel mare”, dice di lui Giovanni Granzotto, curatore, insieme a Stefano Cecchetto e a Dino Marangon, della retrospettiva veneziana, un pittore capace di vivere “la contemporaneità con l’occhio e la memoria sempre rivolti al passato e il pensiero sempre proiettato al futuro”. E uno sguardo alla natura, per lui “unica strada da affrontare, percorrere, attraversare e scoprire: perché la natura era per Guidi l’unica ricchezza” (Giovanni Granzotto).
Guidi è poeta pittore. “Il percorso artistico di Guidi si dirama per due strade parallele: la pittura e la poesia, per un incrocio emozionale che ne codifica un linguaggio unitario, ricco di riferimenti culturali e di sottili vibrazioni cromatiche”, dice Stefano Cecchetto. Le opere sono visibili alla Fondazione Bevilacqua la Masa, nelle sedi di Piazza San Marco e di Palazzetto Tito (quest’ultimo ospita la collezione Sonino) e nella Galleria Franchetti alla Ca’ d’Oro, in una rassegna che ripercorre l’intero arco creativo del maestro romano, mettendo in dialogo, con quadri di artisti del passato, i lavori del pittore per sottolinearne il legame con la tradizione. Presenza costante alla Biennale veneziana dal 1920, e dal 1927 insegnante all’Accademia di Belle Arti di Venezia, Virgilio Guidi è figlio d’arte, suo padre è scultore e poeta; incomincia a dipingere con Aristide Sartorio e guarda a Giotto, Piero della Francesca, Cézanne, Matisse, Mondrian come suoi maestri, sono suoi amici i poeti Vincenzo Cardarelli e Alfonso Gatto.
Guidi è figlio d'arte, comincia a dipingere con Sartorio e guarda a Giotto, Piero della Francesca e Cézanne
La sua vicenda artistica è una “cavalcata di luce” (Giovanni Granzotto) di settant’anni, che da Roma lo porta a Venezia. Per Guidi la luce è “spiritualità e poesia dell’opera d’arte”, ed è con la luce che costruisce le forme. Ha sempre dipinto, cercando, come confessa, “una possibile unione tra le cose visibili e invisibili, tra le figure della mente e quelle dell’esperienza”, dalle Nature morte degli anni ‘10 alle opere di impianto quattrocentesco degli anni '20, (Madre che si leva, Ritratti di Adriana), dalla corposità cromatica dei paesaggi romani alle vedute lagunari in cui la pittura diviene essenziale, evanescente, sospesa e senza tempo, avulsa dal dato descrittivo (Punta della Dogana del 1947, San Giorgio e Marine zenitali degli anni ‘50).
Le sue Venezie stilizzate sono "lente apparizioni dal profondo respiro lirico"
Le sue Venezie stilizzate, “lente apparizioni dal profondo respiro lirico” (Cesare Orler), diventano l’icona di un fare artistico in Figure continua sperimentazione, dalle degli anni ‘40 alle attonite nello Spazio , Cieli degli anni ‘50, e da Baronesse , in cui la luce si fa Tumulti e Angosce e ai Occhi macchia e filamento, agli degli anni ‘60, fino al cromatismo Volti Alberi dinamico ed emozionale che crea degli anni ‘70. Figure agitate e La personalità del maestro e l’atmosfera del suo studio, o della sua casa piena di gatti, le soste con il suo sigaro alla galleria Santo Stefano, rivivono nei ricordi di chi lo ha frequentato – Pouchard, Zamberlan, De Marco – riportati nel bel catalogo Manfredi, che unisce illuminanti saggi a vivaci memorie. Stimolante è l’incontro con una figura essenziale del ‘900, il cui pensiero è costantemente rivolto alla luce, per lui “sentimento delle cose”, e al complesso rapporto dell’uomo con il cosmo: “la ricerca di risolvere tale il profondo, angoscioso, è rapporto torturante dramma dell’artista di oggi”.