Valencia • All’IVAM è di scena Mona Hatoum
In mostra sculture, grandi installazioni e opere su carta degli ultimi due decenni
Palpabile la precarietà nei ricorrenti fili rossi al neon su giganteschi globi metallici
Figura artistica di riferimento internazionale, Mona Hatoum ha conquistato anche il cuore dell’arte, fin dai primi anni ‘90. Tra i molti riconoscimenti, recente è il Premio Julio Gonzáles dell’Institut Valencià d’Art Modern (IVAM) dove ora è allestita la personale con una trentina di lavori, in prevalenza sculture, grandi installazioni e opere su carta degli ultimi due decenni.
Interessata alle problematiche sociali, alle costrizioni delle libertà e delle identità culturali, affonda le tematiche anche nelle sue esperienze di donna libanese (nasce nel ’52 a Beirut da famiglia palestinese) e di esule: è già a Londra quando, nel ’75, scoppia la guerra civile in Iran che scompagina qualsiasi equilibrio.
“Spesso mi fanno la stessa domanda: che cosa nel tuo lavoro viene dalla tua cultura? Come se io avessi una ricetta e potessi effettivamente isolare l’ingrediente arabo, l’ingrediente donna, l’ingrediente palestinese. Spesso le persone si aspettano che mi definisca, come se l’identità fosse qualcosa di stabile e facilmente definibile”.
Nel solco di molti interrogativi e contraddizioni, Mona Hatoum, parla del suo rapporto col mondo prendendo a soggetto prima il corpo e, dalla metà degli anni ’80, specialmente l’ambito domestico. Sceglie con cura i materiali per le loro proprietà evocative: quelli metallici, edili, organici, quelli site specific. Assembla anche oggetti e arredi come fossero messaggi cifrati, ne altera talvolta la scala dimensionale sino a ingigantirli come classiche sculture.
Assembla oggetti e arredi come fossero messaggi cifrati fino a ingigantirli come sculture
Resta poco però della decontestualizzazione duchampiana e surrealista, lo spaesamento è drammatico, oltre che perturbante. Si concede qualche eccezione all’ironia, perlopiù solo in opere di piccole dimensioni. Palpabile la precarietà pure nel tema ricorrente delle mappe planetarie realizzate con fili rossi al neon su giganteschi globi metallici (Hot Spot III, 2009), con biglie di vetro su superfici di sapone (Present Tense, 1996-2011) o direttamente sui pavimenti.
Le continue sollecitazioni associative, compresi gli effetti luministici e sonori, inducono una tensione sensoriale che rompe gli schemi cognitivi di ogni mappatura mentale acquisita e rassicurante. Nulla è ciò che appare, tutte le cose più semplici possono nascondere seduzioni ingannevoli: il luccichio di una biglia, l’accoglienza di un tappeto, la promessa ristoratrice di un letto. Le sensazioni destabilizzanti provengono da più fronti e si appiccicano addosso. È possibile tollerare tanta incertezza? Sì, se la destabilizzazione è vissuta come opportunità di conoscenza: con sintesi impietosa e raffinata, i suoi lavori posseggono ancora tanta sollecitudine e tanta volontà di dire.
Mona Hatoum
Valencia IVAM
A cura di José Miguel G. Cortés
Fino 12/09